Il 15 febbraio 2024 l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) ha pubblicato alcune immagini del campo profughi di Al Shati a Gaza che hanno fatto il giro del mondo. Quattro mesi dopo l’inizio della guerra di Israele nella Striscia, lanciata in seguito agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, molte persone hanno potuto farsi un’idea per la prima volta della portata della distruzione nel nord del territorio palestinese: decine di edifici sventrati e in parte crollati, macerie a perdita d’occhio.
Le immagini erano state riprese da Abdallah al Hajj con un drone. Nove giorni dopo la pubblicazione, il 24 febbraio, il giornalista palestinese è stato ferito in un bombardamento israeliano, che ha ucciso il nipote di diciotto anni e un pescatore. Al Hajj, che ha perso le gambe nell’attacco, è convinto di essere stato più volte preso deliberatamente di mira dall’esercito israeliano nel corso della guerra: “Due giorni dopo avermi ferito, hanno colpito casa mia per distruggere gli archivi di immagini che avevo accumulato in vent’anni”. Al Hajj era uno dei pochi giornalisti rimasti nel nord di Gaza dopo che l’esercito israeliano aveva ordinato agli abitanti di spostarsi a sud. Non poteva abbandonare i genitori, troppo anziani per la traversata. Alcune persone rimaste erano arrivate a nutrirsi di mangimi animali. “Ogni volta che mi vedevano con il drone e la telecamera mi chiedevano di mostrare al mondo quello che stava succedendo a Gaza”, spiega. Così è tornato al campo di Al Shati.
Nessuna regola
Il giorno in cui è stato ferito aveva filmato con il drone per “cinque minuti” e “non molto in alto, a circa 50 metri” da terra, come confermano le immagini. Inoltre, quella mattina l’esercito israeliano aveva “concluso” nell’area un’operazione durata due settimane. Eppure, anche se non c’erano tracce di truppe, Al Hajj è stato comunque attaccato. In risposta a una richiesta di informazioni, l’esercito israeliano ha affermato di aver eliminato una “cellula terroristica che stava impiegando un drone”. Ma il giornalista osserva che se fosse stato un affiliato di Hamas non avrebbe mai potuto lasciare la Striscia (da dove è uscito con un’autorizzazione nell’aprile del 2024, per curarsi in Qatar).
Dal 7 ottobre almeno cinque giornalisti palestinesi che usavano i droni per documentare la distruzione di Gaza sono stati uccisi o gravemente feriti in attacchi israeliani deliberati. Le testimonianze dei loro colleghi sopravvissuti, avvalorate da fonti militari israeliane, dimostrano l’assenza di regole chiare date ai soldati per distinguere tra combattenti e giornalisti che fanno riprese con i droni.
Di fronte ai ripetuti attacchi contro i mezzi d’informazione palestinesi, alcuni giornalisti, come Soliman Hijjy, hanno smesso di usare i droni. Hijjy, uno dei primi giornalisti a Gaza ad aver usato questa tecnologia, aveva raccontato le precedenti offensive israeliane, vincendo molti premi internazionali. Ma questa volta ha deciso che sarebbe stato troppo rischioso: “L’esercito israeliano ci prende di mira senza prove e inventa pretesti. È un modo per impedire che una notizia sia data con chiarezza”. Prima della guerra anche Shadi Al Tabatibi aveva trascorso ore a “catturare la bellezza” dei siti storici di Gaza con un drone. Dopo il 7 ottobre ha voluto documentarne la devastazione. Quando ha saputo dell’attacco contro Al Hajj, però, è cambiato tutto: “Ho deciso di smettere, anche se filmare con i droni è essenziale per mostrare la vera portata della distruzione che le immagini da terra non riescono a cogliere del tutto”.
L’attacco contro Al Hajj non è stato il primo del genere. Meno di due mesi prima, il 7 gennaio 2024, Mustafa Thuraya, un giornalista freelance che lavorava per diversi mezzi di informazione, ha fatto il suo ultimo reportage. “Mustafa mi aveva chiesto di andare con lui”, ricorda Al Tabatibi, “ma non potevo perché mia figlia doveva fare un vaccino”. Rinunciando a quel servizio, Al Tabatibi è scampato per la prima volta alla morte.
Thuraya è stato ucciso insieme al giornalista Hamza Dahdouh, quando l’esercito israeliano ha colpito la loro auto vicino a Khan Yunis, nel sud della Striscia. Il giorno dopo i militari hanno annunciato di aver “identificato e colpito un terrorista che stava usando un drone, rappresentando una minaccia immediata per i soldati israeliani”. Ma secondo un’inchiesta del Washington Post, dalle immagini satellitari dell’area e da un’analisi del girato di Thuraya non è stata rilevata alcuna presenza militare israeliana o qualsiasi altra cosa che avrebbe potuto rendere i giornalisti una minaccia per i militari.
◆ Il 1 aprile 2025 il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ritirato la nomina, annunciata il giorno prima, dell’ex comandante della marina Eli Sharvit come nuovo direttore del servizio di sicurezza interno Shin bet. Sharvit era stato criticato dal senatore statunitense Lindsey Graham, vicino a Donald Trump, perché a gennaio aveva scritto un articolo in cui condannava il sostegno del presidente alle energie fossili. Inoltre alcuni mezzi d’informazione israeliani avevano rivelato che nel 2023 Sharvit aveva partecipato alle proteste contro la riforma della giustizia promossa dal governo Netanyahu.
◆Il 1 aprile l’esercito israeliano ha bombardato la periferia sud di Beirut per la seconda volta dall’inizio della tregua, nel novembre 2024, causando tre morti, tra cui un leader del gruppo filoiraniano Hezbollah. L’attacco è avvenuto senza preavviso intorno alle 3.30 ora locale. Il 28 marzo l’esercito israeliano aveva invece invitato gli abitanti ad andarsene prima di colpire una prima volta la periferia sud della capitale libanese, considerata una roccaforte di Hezbollah.
◆Il 31 marzo Eli Feldstein e Yonatan Urich, due consulenti di Netanyahu, sono stati arrestati nell’ambito di un’inchiesta condotta dallo Shin bet. Sono accusati di aver ricevuto denaro dal Qatar.
◆ Il 27 marzo il parlamento israeliano ha approvato una legge che aumenta il peso dei politici nelle nomine dei giudici, rilanciando un progetto di riforma della giustizia che nel 2023 aveva scatenato uno dei più grandi movimenti di protesta nella storia di Israele. La legge, che modifica la composizione di una commissione incaricata di nominare i giudici, è stata approvata con 67 voti a favore (su 120) e uno contrario, mentre l’opposizione, che ha boicottato la votazione, ha subito presentato un ricorso alla corte suprema.
◆ Secondo il Committee to protect journalist dall’inizio dell’operazione militare nella Striscia di Gaza, il 7 ottobre 2023, l’esercito israeliano ha ucciso 173 giornalisti palestinesi. Afp
In seguito agli attacchi contro Thuraya e Al Hajj, per i giornalisti palestinesi a Gaza è diventato difficile continuare a filmare con i droni. Il capo della sicurezza di un importante mezzo di informazione internazionale ha spiegato che la sua azienda ha deciso di ridurre l’uso dei droni nel gennaio 2024, per interromperlo del tutto l’aprile successivo. Gli attacchi aerei però sono proseguiti e Al Tabatibi ha perso altri colleghi. Il giornalista racconta di aver discusso dei rischi dell’uso dei droni con Ayam e Ibrahim Al Gharbawi, due fratelli di 23 e 32 anni, il cui studio fotografico era stato distrutto dai bombardamenti: “Ibrahim mi aveva chiesto di insegnargli a pilotare il drone che aveva comprato”. Ma non c’è stato tempo. Il 26 aprile Ayam e Ibrahim Al Gharbawi sono stati uccisi da un attacco aereo, mentre filmavano o avevano appena finito di farlo.
Spazio all’interpretazione
Nel maggio 2024, poco dopo che Israele ha occupato e chiuso il valico di Rafah, Al Tabatibi è finalmente uscito da Gaza. Ha lasciato i suoi due droni all’amico e collega Mohammed Abu Saada, ucciso tre mesi dopo insieme a tre cugini quando Israele ha bombardato la casa di un suo zio. Secondo il Committee to protect journalists (Cpj), poco prima di morire Abu Saada aveva confidato alla madre che l’esercito israeliano stava “uccidendo chiunque usasse un drone per filmare”. Anche Al Tabatibi confessa di aver avuto paura. “Temevo di essere colpito a casa con mia moglie e i miei figli”.
Il soldato israeliano Michael Ofer-Ziv non conosceva i fratelli Al Gharbawi, Thuraya, Abu Saada né gli altri giornalisti uccisi a Gaza. Per i primi due mesi della guerra è stato assegnato nella base militare israeliana di Sde Teiman, con il compito di verificare che l’esercito israeliano non uccidesse i suoi stessi soldati. “Non ho mai ricevuto un documento ufficiale che elencasse le regole di ingaggio”, spiega. “E questo è un problema, perché lascia molto spazio all’interpretazione”. Riguardo ai droni, Ofer-Ziv dice che “l’atmosfera generale” nella sala operativa era chiara: “Se vedevamo qualcuno pilotare un drone, bisognava colpire l’apparecchio e la persona, senza fare domande”. Quando chiediamo se il protocollo riguardava anche i giornalisti, risponde “non se n’è mai parlato”. Nel giugno 2024 Ofer-Ziv si è rifiutato di tornare in servizio.
In risposta a una richiesta di informazioni sulle regole di ingaggio, un portavoce dell’esercito israeliano ha affermato che il riferimento è il diritto dei conflitti armati – che impone di distinguere tra nemici combattenti e giornalisti – e si è rifiutato di “commentare le direttive operative, perché si tratta di informazioni riservate”. Ma diversi alti ufficiali israeliani hanno confermato la mancanza di regole chiare riguardo alla distinzione tra combattenti e giornalisti che pilotano droni.
Il colonnello Maurice Hirsch, che ha prestato servizio per 19 anni nella divisione legale dell’esercito, riferisce che se un soldato individua un drone in una zona di combattimento nei pressi delle forze militari, “non ipotizzerei alcun illecito se il drone e i suoi operatori fossero colpiti. Non sarebbe irragionevole supporre che siano parte di una forza nemica”. Né Thuraya né Al Hajj si trovavano in una zona di combattimenti ed entrambi sono stati colpiti dopo aver filmato.
In realtà già nel 2018 alcuni funzionari israeliani avevano ammesso che l’esercito può colpire chiunque piloti dei droni a Gaza nelle vicinanze delle forze armate israeliane, indipendentemente dal fatto che si tratti di un combattente o rappresenti una minaccia per i soldati. Dopo che il giornalista palestinese Yasser Murtaja era stato ucciso mentre usava un drone per riprendere la Grande marcia del ritorno nell’aprile 2018, l’allora ministro della difesa Avigdor Liberman dichiarò: “Io non so chi è un fotografo e chi no. Chiunque piloti dei droni sopra i soldati israeliani deve capire che si sta mettendo in pericolo”.
Una lista piena di errori
Dopo questa sfilza di uccisioni, tra gli amici di Al Tabatibi solo uno aveva ancora un drone. All’inizio di marzo, durante il cessate il fuoco, Forbidden Stories aveva chiesto a Mahmoud Samir Isleem Al Basos di filmare Gaza, sia per continuare il lavoro fatto con i droni da giornalisti uccisi o feriti nella guerra, sia per permettere al pubblico di farsi un’idea dell’entità senza precedenti della devastazione. Ma, nonostante la tregua, il 15 marzo Al Basos è stato ucciso mentre lavorava per la fondazione benefica Al Khair nel nord di Gaza. Secondo suo cugino, Al Basos indossava il giubbotto con la scritta “stampa” e l’elmetto. Quella mattina due attacchi israeliani hanno colpito Beit Lahia, uccidendo almeno altre sei persone. Tra queste c’erano alcuni operatori umanitari e cameraman di Al Khair. L’ong ha spiegato che stava usando un drone per riprendere i preparativi di un pasto del Ramadan e la futura estensione di un campo profughi.
L’esercito israeliano ha dichiarato che gli attacchi avevano come obiettivo dei “terroristi” – due dei quali stavano pilotando un drone – e ha diffuso una lista piena di errori con i presunti nomi e le foto delle persone uccise. Al Basos non compare, ma è presente un nome simile, di un individuo descritto dall’esercito israeliano come “un terrorista di Hamas, che opera sotto copertura giornalistica”. Stando alle nostre ricerche, questa persona non ha un collegamento diretto con Al Basos e non è stata uccisa nell’attacco.
Secondo alcuni giornalisti che lo conoscevano, gli operatori di Al Khair e un rappresentante di Hamas, Al Basos non aveva affiliazione con il gruppo né con la Jihad islamica palestinese. Bellingcat ha anche geolocalizzato i due attacchi a Beit Lahia – a due e tre chilometri di distanza da una postazione dell’esercito israeliano nei pressi della barriera che circonda Gaza – smentendo che la presenza di un drone avrebbe potuto rappresentare una minaccia per i soldati. In risposta a numerose richieste di prove a sostegno delle accuse, un portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato che non avrebbe “commentato i comunicati pubblicati”, affermando di “respingere categoricamente l’accusa di attacchi sistematici contro i giornalisti”.
“Israele ha ripetutamente rilasciato dichiarazioni simili senza fornire prove credibili”, spiega Doja Daoud del Cpj. “Questa pratica mette a rischio i reporter e scredita i giornalisti palestinesi che lavorano da Gaza”. Il Cpj ha aggiunto il nome di Al Basos alla lista dei giornalisti uccisi dall’esercito israeliano e classifica il suo caso come “omicidio”. ◆ fdl
Forbidden Stories è un collettivo investigativo che prosegue il lavoro di reporter minacciati, imprigionati o uccisi. Nel giugno 2024 ha lanciato The Gaza project, una collaborazione tra più di cinquanta giornalisti di diciotto mezzi d’informazione internazionali che consultando operatori dell’informazione, testimoni ed esperti di balistica, di armi e di audio hanno rivelato che i giornalisti della Striscia di Gaza sono presi di mira deliberatamente dall’esercito israeliano. Il 27 marzo 2025 il consorzio ha pubblicato una nuova serie di articoli, tra cui questo.
◆ Il 30 marzo sono stati recuperati i corpi di quindici soccorritori uccisi una settimana prima in un raid israeliano contro alcune ambulanze nella Striscia di Gaza. Si tratta di otto paramedici della Mezzaluna rossa, sei operatori della difesa civile e un dipendente di un’agenzia delle Nazioni Unite. Il giorno prima l’esercito israeliano aveva ammesso di aver colpito delle ambulanze che erano state considerate “sospette”. Secondo l’ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), gli operatori sanitari erano in missione per soccorrere dei colleghi che erano stati colpiti il 22 marzo, quando l’esercito israeliano aveva ripreso la sua offensiva su Rafah. Le loro auto erano chiaramente contrassegnate.
◆ Jonathan Whittall, capo dell’Ocha in Palestina, ha fatto sapere che gli operatori sanitari sono stati attaccati e colpiti “uno a uno” e poi sepolti in una fossa comune insieme ai veicoli. Almeno uno di loro aveva le mani legate, ha aggiunto un funzionario della Mezzaluna rossa. Un altro paramedico è scomparso e si ritiene sia stato sequestrato. Al Jazeera spiega che il ritrovamento dei corpi è avvenuto a distanza di giorni perché i soldati israeliani impedivano l’accesso all’area.
◆ Le organizzazioni umanitarie e per la difesa dei diritti umani hanno condannato l’attacco israeliano, avvertendo che prendere di mira in modo sistematico gli operatori umanitari può costituire un crimine di guerra, riferisce The New Arab. Secondo le Nazioni Unite almeno 1.060 operatori umanitari sono stati uccisi nei diciotto mesi trascorsi da quando Israele ha lanciato la sua guerra nella Striscia di Gaza il 7 ottobre 2023. Middle East Eye denuncia che i bombardamenti israeliani si sono intensificati il 30 marzo, in occasione dell’Eid al fitr, la festa che segna la fine del Ramadan, uccidendo decine di persone. Le vittime palestinesi da quando Israele ha rotto la tregua il 18 marzo sono più di mille. Il 2 aprile Tel Aviv ha annunciato l’ampliamento dell’offensiva militare per impadronirsi di “vaste aree” della Striscia di Gaza.
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Questo articolo è uscito sul numero 1608 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati