Se l’estetica dell’impassibilità, così come viene definita dalla curatrice britannica Charlotte Cotton nel suo La fotografia coma arte contemporanea, ha contribuito a far entrare la fotografia nel mondo dell’arte, liberandola dall’etichetta svilente di “arte minore”, la sua matrice germanica ha plasmato generazioni di fotografe e fotografi, definendo lo stile predominante a partire dagli anni novanta del novecento.

Rifacendosi alle pratiche classificatorie usate in botanica per lo studio delle piante, vari autori e autrici tedeschi hanno infatti assunto il principio della “tipologia” per creare serie che hanno definito un’epoca. Una maniera di guardare al paesaggio e alla società sempre asciutta, scrupolosa, tecnicamente impeccabile.

Alla base ci sono i principi della Neue sachlichkeit (Nuova oggettività), il movimento artistico emerso in Germania negli anni venti che proponeva uno sguardo realistico e disincantato sul mondo, con un’attenzione particolare alla precisione formale e alla rappresentazione oggettiva della realtà. Princìpi già assunti da August Sander, che nel libro Il volto del tempo, del 1929, incarnava questa visione con i suoi ritratti tipologici della società tedesca; o come Karl Blossfeldt, che all’inizio del novecento aveva applicato il rigore scientifico alla riproduzione delle forme vegetali, immortalandole in un’estetica quasi scultorea.

L’idea, per dirla con Bernd Becher – che tra il 1976 e il 1996, insieme alla moglie Hilla, ha formato autori e autrici alla Kunstakademie di Düsseldorf – era quella di creare delle “famiglie di oggetti” per “offrire al pubblico un punto di vista, o meglio una grammatica, per comprendere e confrontare le diverse strutture”. Affermazioni che riflettono il loro approccio sistematico alla documentazione di strutture industriali, pensato per evidenziare somiglianze e differenze all’interno di una stessa categoria di soggetti.​ ​

Il loro contributo alla definizione di un metodo in fotografia è stato tale che tra i loro allievi più illustri figurano Andreas Gursky, Thomas Struth, Candida Höfer e Thomas Ruff, le cui opere saranno in mostra alla Fondazione Prada di Milano a partire dal 3 aprile all’interno di Typologien: photography in 20th-century Germany. La retrospettiva è curata dalla storica dell’arte Susanne Pfeffer, direttrice del Museum Mmk für moderne Kunst di Francoforte.

In linea con l’impostazione tassonomica, il percorso espositivo segue un ordine tipologico e non cronologico, riunendo più di seicento opere fotografiche di 25 artiste e artisti. Oltre ai lavori di Sander, Blossfeldt, dei coniugi Becher e degli esponenti della loro “scuola di Düsseldorf”, la retrospettiva include le ricerche di Lotte Jacobi, Sigmar Polke, Gerhard Richter e Wolfgang Tillmans, offrendo un ampio affresco della tradizione fotografica tedesca e aiutandoci a guardare il mondo da prospettive diverse, sempre partendo dal principio estetico/procedurale delle tipologie specifiche.

“Quando il presente sembra aver abbandonato il futuro”, spiega la curatrice, “bisogna osservare il passato con maggiore attenzione. Quando tutto sembra gridare e diventare sempre più brutale, è fondamentale prendersi una pausa e usare il silenzio per vedere e pensare con più chiarezza. Quando le differenze non sono più percepite come qualcosa di altro, ma vengono trasformate in elementi di divisione, è necessario riconoscere ciò che abbiamo in comune. Le tipologie ci permettono di individuare innegabili somiglianze e sottili differenze”.

La mostra resterà aperta fino al 14 luglio e sarà accompagnata da un volume illustrato progettato da Zak Group.

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