Stanchi di aspettare, centinaia di migranti sono partiti in carovana il 28 agosto da Tapachula, nello stato messicano del Chiapas. Erano diretti a nord, in cerca di un posto migliore per sapere se gli sarà riconosciuto lo status di rifugiati. Il 29 agosto, riferendosi ai migranti, il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador (centrosinistra), ha detto: “Continueremo la nostra opera di contenimento, ma servono soluzioni di fondo”. Non ha accennato al ruolo del Messico in questa nuova crisi, ma ha chiesto agli Stati Uniti di essere più generosi: “Devono concedere ai centroamericani borse di studio e visti temporanei di lavoro. Questo non va contro i loro interessi, perché negli Stati Uniti e in Canada c’è bisogno di manodopera”, ha detto.
Il 29 agosto la carovana era già stata dispersa dagli agenti della guardia nazionale messicana. Molti migranti sono haitiani che hanno lasciato il loro paese dopo il violento terremoto del 2010 o quest’estate, in seguito all’omicidio del presidente Jovenel Moïse a luglio e al sisma che il 14 agosto ha colpito duramente il sud dell’isola. A loro si aggiungono i centroamericani espulsi dagli Stati Uniti che da alcune settimane arrivano quasi ogni giorno in Chiapas e nello stato di Tabasco su voli provenienti dal Texas, negli Stati Uniti.
Violenza ingiustificata
La decisione di abbandonare Tapachula è stata una reazione al silenzio amministrativo della Commissione messicana di aiuto ai rifugiati (Comar), l’ente del governo responsabile di esaminare le domande di asilo. La Comar impiega più di un anno per dare una risposta, anche se dovrebbe farlo in meno di tre mesi. Molti migranti non vogliono raggiungere gli Stati Uniti, ma devono andare via dal Chiapas per cercare lavoro in altre zone del Messico. “L’importante non è attraversare la frontiera, ma allontanarsi da Tapachula. In Chiapas non c’è lavoro”, spiega un giovane haitiano.

In base alla legge messicana, fino a quando la Comar non si pronuncia i migranti non possono lasciare la città in cui hanno fatto domanda, in questo caso Tapachula. La commissione ha subìto tagli di risorse e personale anche se deve fare fronte a una crisi umanitaria sempre più grave. Oggi se un migrante si rivolge alla Comar viene ricevuto a gennaio. Inoltre molte associazioni per i diritti umani hanno denunciato espulsioni irregolari di cittadini centroamericani e dei paesi dei Caraibi con una richiesta di asilo in corso.
Secondo il collettivo che controlla il rispetto dei diritti umani nel sudest del Messico (Comdhsm), il 28 agosto c’è stato uno spiegamento “eccessivo e ingiustificato di forze di sicurezza” contro la carovana, con cinquanta veicoli militari della guardia nazionale e dell’istituto di migrazione. “Le persone sono state aggredite, fermate e colpite con scudi e manganelli. I militari imbracciavano fucili, c’erano uomini in borghese dell’istituto nazionale di migrazione che incitavano alla violenza e altri agenti, sempre in borghese, con armi da fuoco”. Per impedire il flusso dei migranti il Messico ha schierato 14mila agenti lungo la sua frontiera meridionale.
Dopo che il 24 agosto la corte suprema degli Stati Uniti ha stabilito che i richiedenti asilo provenienti dall’America Centrale dovranno essere rimandati in Messico in attesa dell’esame della loro domanda (una misura nota come Remain in Mexico che Joe Biden aveva revocato il giorno del suo insediamento), López Obrador ha promesso di “aiutare” Washington sulle migrazioni. Solo a luglio più di 212mila persone senza documenti regolari sono state fermate alla frontiera con gli Stati Uniti. ◆ fr
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Questo articolo è uscito sul numero 1425 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati