È come se fossi stato eletto papa o presidente degli Stati Uniti, dice Gabriel Zuchtriegel, 40 anni. Con noi profani va bene usare paragoni facili da capire: spesso di fronte all’esperto sembriamo degli studenti alle prime armi.

Da aprile Zuchtriegel dirige il parco archeologico di Pompei. È un uomo dall’aspetto giovanile che indossa una giacca aderente un po’ troppo corta e una camicia con il colletto alto, all’italiana. Parla piano e ogni tre frasi aggiunge una spiegazione. Con questi paragoni non cerca di darsi un tono, al contrario: lui stesso è sorpreso di aver ottenuto l’incarico. Aveva inviato la sua candidatura l’ultimo giorno utile, più per scherzo che per altro, osserva sorridendo, tanto per provarci. E quando l’incarico è stato dato a lui, originario di Weingarten, città tedesca nell’Alta Svevia, in Italia si sono scatenate le polemiche. Come succede ogni volta che un incarico importante nel settore della cultura è affidato a un cittadino straniero. Un direttore tedesco e giovane, a Pompei. È all’altezza? Ha un curriculum adeguato? E davvero non si è trovato un italiano migliore di lui? Le procedure di selezione sono state regolari?

È estate e per fortuna da nord soffia un vento che, come un ventilatore, smuove la calura secca e polverosa diffondendo i dolci effluvi dei pini. Sullo sfondo il Vesuvio, divinità e demone, lambito da qualche nuvola bianca. Il mare è vicino. Negli anni settanta e ottanta sulla stretta lingua di terra che si estende tra il mare e il vulcano si è costruito forsennatamente: si deve supporre che la storia non abbia insegnato nulla, neppure la storia di Pompei. Eccola lì, di fronte a noi. Sessantasei ettari di antichità ben conservate, di cui all’incirca un terzo non è stato ancora scavato ed è protetto da uno strato compatto di cenere, roccia vulcanica e fango secco.

Vita per strada

Il 24 agosto del 79 dC, il Vesuvio ricoprì la piccola e fiorente cittadina di provincia seppellendola viva. Fuoriuscito dal ventre del vulcano e spinto dai venti, il gas venefico colse di sorpresa la popolazione di Pompei, mentre dormiva, mentre tentava la fuga, mentre mangiava, mentre faceva l’amore. Il vulcano ne congelò la vita quotidiana a beneficio dei posteri. È dal 1748 che gli archeologi dissotterrano la città pezzo dopo pezzo, riportandola, come si dice, alla luce. Capita che ci si mettano anche i tombaroli, scavando cunicoli sotterranei per raggiungere tesori nascosti. Se il nucleo dei carabinieri per la tutela del patrimonio artistico non sorveglia attentamente, un bel pezzo dell’antica civiltà approda sul mercato nero: vasi, statue, monete.

Quasi duemila anni dopo la distruzione della città, il sottosuolo è ancora pieno di reperti. “Per la nostra scienza, l’archeologia, Pompei è d’importanza fondamentale”, afferma Zuchtriegel passeggiando nella città antica, oltrepassando il Teatro grande, avanzando a grandi falcate da una lastra di basalto, smussata e levigata dal tempo, all’altra. Si ferma di frequente per disegnare con le mani tetti e pavimenti distrutti dal vulcano. Accanto alle ville maestose, con colonne e giardini interni per feste e banchetti, c’erano le piccole case abitate dal popolo: dodici, quattordici metri quadrati per intere famiglie. “Significa che le persone vivevano soprattutto per strada”, spiega Zuchtriegel. E per strada stendevano anche i panni.

Invece di scavare dovremmo occuparci di quello che è già stato dissotterrato

Pompei aveva 31 panetterie, una serie di manifatture tessili, 23 lavanderie e cinquanta tavole calde, le cosiddette thermopolia, i fast food dell’antichità con i menù esposti all’esterno. Sui muri si leggevano anche slogan elettorali, insulti tra vicini litigiosi, dichiarazioni d’amore. Per certe cose gli antichi romani non erano tanto diversi da noi.

La gita scolastica

Amavano il bello. Ogni affresco portato alla luce è sensazionale, con colori incredibili. Ogni ritrovamento stimola l’immaginazione, permette allo sguardo di volgersi al passato e di rivelarci capitoli sempre nuovi. Qualche tempo fa è stato scoperto, quasi intatto, un carro da cerimonia con decori a tema erotico, probabilmente usato nelle feste di matrimonio. È stata riportata alla luce anche la tomba di Marcus Venerius Secundio che, come oggi sappiamo, a Pompei allestiva spettacoli teatrali in greco. Il suo corpo è stato scoperto ancora parzialmente mummificato. A Pompei si è conservato tutto. Se dell’antichità si potessero sentire anche gli odori – cosa che magari non ci auguriamo – l’esperienza sarebbe completa. Ogni anno quattro milioni di persone visitano Pompei. Tra i tesori archeologici italiani solo il Colosseo può vantare più visitatori, ma quello non hanno dovuto disseppellirlo. Zuchtriegel sostiene di essersi candidato così, per scherzo. Ma è un eufemismo. Figlio di un musicista, ha sviluppato presto un interesse “per le vecchie mura”, come le chiama lui. È venuto a Roma in gita scolastica con il liceo, e non l’ha più dimenticata. Invece di studiare musica ha optato per archeologia, storia antica e greco antico, passando molto tempo a scavare già durante l’università.

“Poter accedere alla concretezza della vita nell’antichità mi ha catturato”. Si è laureato all’università Humboldt di Berlino, con una tesi sulle latrine e i sistemi fognari nel mondo antico. “Le fonti scritte non approfondiscono molto gli elementi tecnici”, racconta. “Ma ovviamente ci dicono molto sugli aspetti culturali e sui concetti di purezza e impurità”. Dopo la laurea ha ottenuto una borsa di studio per andare a Matera e approfondire il tema della colonizzazione della Magna Grecia. “Abbiamo stipato tutte le nostre cose in una vecchia Golf e siamo partiti”. Duemila chilometri. La figlia di Zuchtriegel aveva appena tre anni e lui e la moglie pensavano di trasferirsi solo per due anni, tanto che avevano subaffittato il loro appartamento a Berlino. E invece non sono più tornati: è nato un figlio e la carriera di Zuchtriegel ha preso una direzione imprevista.

Nel 2015 il ministro della cultura Dario Franceschini, del Partito democratico, ha scosso il suo ministero con una riforma che nessuno prima di lui aveva osato fare: gli incarichi di vertice nel mondo culturale italiano, un paradiso spesso trascurato, diventavano accessibili anche agli stranieri. Per la prima volta Franceschini ha indetto dei bandi internazionali per la direzione di venti musei, diventati poi trenta e infine quaranta.

 -

Un’altra novità contestata: i direttori dovevano poter lavorare in autonomia. Al primo giro sette incarichi di vertice sono andati a cittadini stranieri. Per esempio al tedesco Eike Schmidt, che ancora oggi dirige con successo gli Uffizi a Firenze. Al francese Sylvain Bellenger è stato affidato il Museo nazionale di Capodimonte, a Napoli. Anche il suo incarico è stato rinnovato. A Zuchtriegel è stato affidato il parco archeologico di Paestum, a sud di Salerno, che è patrimonio dell’umanità. Proprio quell’incarico si sarebbe rivelato in seguito il trampolino di lancio per arrivare alla ben più grande Pompei. A Paestum, dove ancora vive la sua famiglia, gli eventi culturali promossi da Zuchtriegel hanno procurato un considerevole aumento dei visitatori. Per fare cassa il direttore ha affittato le sale e ha portato al parco le scolaresche. È questa la sua filosofia: i luoghi di cultura devono essere animati e vissuti, la gente del posto deve poter essere fiera del patrimonio della propria terra. La chiama public archeology, archeologia accessibile.

Zuchtriegel ha trovato sponsor per finanziare la conservazione e la tutela dei beni culturali, ha ampliato la presenza del parco su internet, ha installato webcam e sensori. Così ora, ovunque ci si trovi, si possono seguire in tempo reale le sofferenze a cui sono sottoposti gli antichi templi di Paestum a causa dello smog e delle vibrazioni provocate da treni, auto e camion che passano nelle vicinanze. Si possono vedere i templi ondeggiare e tremare a causa dei venti e delle scosse sismiche. La civiltà contemporanea erode le rovine.

Zuchtriegel avrebbe voluto fare il ricercatore, ma a Paestum si è trovato improvvisamente a fare anche il manager. Al bando per Pompei hanno partecipato quaranta candidati. Dopo una prima selezione ne sono rimasti dieci, poi solo tre. “Per la presentazione mi hanno concesso dieci minuti”, racconta Zuchtriegel nel suo grande ufficio con vista sui pini e sui palazzi del parco di Pompei. Solo dieci minuti, seguiti da un giro di domande. Alla commissione ha spiegato di voler consolidare l’eredità del predecessore Massimo Osanna che, in sette anni e usando i fondi europei, aveva liberato Pompei dalla sua cattiva fama. Il suo programma, che ha fatto scuola, si chiamava “Grande progetto Pompei”. Da molto tempo Pompei era considerata una vergogna per l’archeologia, un simbolo di declino: gli edifici crollavano di continuo e gli affreschi erano esposti alle intemperie. Gli antichi colori sbiadivano sotto il sole. Ma le cose sono cambiate e il parco archeologico oggi è portato a esempio di buona gestione.

 -

Zuchtriegel pensa che invece di scavare a più non posso per far emergere anche l’ultimo terzo ancora sepolto di Pompei, dovremmo occuparci di quello che è già stato dissotterrato. Anche se da archeologo ha un forte interesse per tutto ciò che c’è nel sottosuolo in stato di perfetta conservazione. Non ci sono i fondi per tutelare tutto. “Mi piace l’idea di lasciare alle generazioni future una parte di Pompei da disseppellire con l’aiuto di nuovi metodi e tecnologie, facendo nuove scoperte”.

Zuchtriegel lo ha detto anche alla commissione di esperti indipendenti, quindi al di sopra di ogni sospetto. Ma non è bastato

Le critiche più aspre alla nomina di Zuchtriegel sono arrivate dai funzionari del ministero, scavalcati, e dagli accademici italiani, che prima si spartivano gli incarichi tra loro, a volte anche senza averne titolo. Considerano i nuovi criteri per una selezione indipendente alla stregua di un nemico. L’archeologo Andrea Carandini, 83 anni, professore all’università Sapienza di Roma, commentava così la nomina di Zuchtriegel sulle pagine del Corriere della Sera: “Il ministro ha scelto non il migliore, ma una persona che giudico non all’altezza”. Secondo lui a Zuchtriegel, più che la cultura, interesserebbero i conti e lo spettacolo. E poi continuava: “Vedo ora che due membri del consiglio scientifico di Pompei hanno dato le dimissioni. Avrei dato quelle dimissioni anche io!”.

La nazionalità non conta

Alcuni componenti si sono effettivamente dimessi in segno di protesta per la nomina di Zuchtriegel, divertito dalle polemiche che ha scatenato e che di tanto in tanto si riaffacciano. “Ho imparato a conviverci”. Nel suo lavoro contano le pubblicazioni scientifiche su autorevoli riviste di settore, e lui ne ha parecchie. D’altra parte queste discussioni hanno quasi sempre motivazioni politiche ed è a Roma che nascono: la burocrazia è sempre partita al contrattacco, fin dai tempi antichi.

A Paestum e a Pompei, invece, la nazionalità di Zuchtriegel non è mai stata un vero problema. E poi ormai il direttore è diventato italiano: ha preso la cittadinanza durante la pandemia. Ai mezzi d’informazione italiani ha dichiarato che è stato uno dei giorni più belli e commoventi della sua vita. Il suo italiano è perfetto, quasi privo di accento. Gli italiani dal canto loro hanno ancora qualche difficoltà con la pronuncia del suo cognome.

Così per gli italiani rimane un tedesco, anche se lui ormai si sente italiano.  “Ho la sensazione di essere nato in Germania per sbaglio”. A distanza di un viaggio in una vecchia Golf, come se fosse una macchina del tempo. ◆ sk

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1426 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati