Decine di migliaia di sfollati palestinesi sono in marcia il 27 gennaio verso le loro città e i loro villaggi nel nord della Striscia di Gaza, devastata da quindici mesi di guerra, in seguito a un accordo tra Israele e Hamas per il rilascio di altri sei ostaggi.

I video girati dall’Afp mostrano un fiume ininterrotto di abitanti di Gaza che procedono, carichi di bagagli o spingendo carretti, lungo la strada costiera che porta verso il nord del territorio.

I palestinesi che viaggiano in automobile sono invece rimasti bloccati su un’altra strada, più a est, in vista di un posto di controllo israeliano.

Secondo un funzionario della sicurezza di Hamas, “più di duecentomila sfollati sono arrivati nel nord della Striscia di Gaza nelle prime due ore dopo l’apertura del varco pedonale”, avvenuta alle 5.00 gmt (ora media di Greenwich).

Migliaia di sfollati si erano già messi in viaggio nel fine settimana, scontrandosi però con il rifiuto dell’esercito israeliano di farli passare attraverso il corridoio di Netzarim, che taglia in due il territorio a sud della città di Gaza.

Israele, accusato da Hamas di aver violato l’accordo di tregua, aveva giustificato il blocco con la mancata liberazione di una civile, Arbel Yehud, e con la mancata consegna di una lista completa degli ostaggi ancora in vita.

La sera del 26 gennaio Israele ha poi annunciato un accordo, dopo che Hamas si era impegnato a liberare tre ostaggi il 30 gennaio, tra cui Arbel Yehud, e altri tre il 1 febbraio, in cambio di prigionieri palestinesi.

“Il ritorno degli sfollati è una vittoria contro i piani di occupazione della Striscia di Gaza e di trasferimento forzato dei palestinesi”, ha commentato Hamas il 27 gennaio.

Il giorno prima il gruppo palestinese, insieme al presidente palestinese Abu Mazen e a molti paesi arabi, aveva respinto con forza l’idea ventilata dal presidente statunitense Donald Trump di trasferire tutti gli abitanti della Striscia in Egitto e in Giordania per “fare pulizia”.

Quest’idea ha ricordato ai palestinesi l’esodo del 1948 (la nakba, letteralmente “catastrofe”), seguìto alla creazione dello stato d’Israele.

La Giordania, che ospita circa 2,3 milioni di rifugiati palestinesi, e l’Egitto hanno ribadito il 26 gennaio il loro rifiuto di qualsiasi “trasferimento forzato” degli abitanti della Striscia di Gaza.

La Lega araba ha denunciato un piano di “pulizia etnica”.

Il ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich, di estrema destra, ha invece definito quella di Trump “una splendida idea”.

Intanto, il 27 gennaio il governo israeliano ha annunciato che otto dei ventisei ostaggi ancora da liberare nella prima fase della tregua sono in realtà morti.