Marta Pacholczak, 65 anni, voleva vaccinarsi da mesi. Originaria della Polonia, vive a Roma da 25 anni, e per molto tempo è stata una senza fissa dimora. Non è iscritta al servizio sanitario nazionale italiano, non ha un indirizzo di residenza e quindi non ha avuto accesso alla campagna di vaccinazione contro il covid-19. Ma è una delle quasi novecento persone che hanno approfittato della campagna vaccinale notturna chiamata Open night, organizzata a Roma il 3 e 4 luglio dalle autorità sanitarie della regione Lazio. “Non posso fare nulla senza il vaccino”, dice Pacholczak tenendo in mano il suo biglietto con il numero 850, mentre cerca di sentire i numeri che vengono chiamati. “Non posso lavorare né viaggiare”.
L’iniziativa, organizzata nel chiostro dell’ospedale Santo Spirito, vicino al Vaticano, era rivolta alle “persone ai margini della società, le più fragili”, afferma Angelo Tanese, il direttore generale dell’Asl Roma 1, la più grande azienda sanitaria della regione. Per attirare più gente, sabato sera un pianista jazz ha intrattenuto le persone in fila, mentre domenica mattina sono stati offerti caffè e cornetti. Medici e infermieri hanno somministrato il vaccino Johnson & Johnson a persone senza fissa dimora, migranti irregolari, studenti e altri stranieri che lavorano legalmente a Roma ma non sono iscritti al servizio sanitario nazionale. Il vaccino Johnson & Johnson, che si somministra in un’unica dose, è particolarmente utile per vaccinare le persone più difficili da raggiungere e che potrebbero non tornare per la seconda dose. Circa l’80 per cento delle persone che si sono presentate al Santo Spirito erano migranti senza documenti, dice Tanese.
Il Santo Spirito, un ospedale del dodicesimo secolo e uno dei più antichi d’Europa, ha avuto la sua dose di pestilenze, epidemie e guerre, dice il direttore: “È la vocazione di questo ospedale”, trasferita nel ventunesimo secolo.
Gianfranco Costanzo, direttore sanitario dell’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (Inmp), stima che in Italia ci siano almeno 700mila persone non iscritte al servizio sanitario nazionale, che è gestito dalle regioni. “Sono numeri importanti, soprattutto durante una pandemia”, dice “Ma è anche una questione di diritti, perché il nostro servizio sanitario garantisce a tutti il diritto alla vaccinazione, indipendentemente dal proprio stato amministrativo”. Con le varianti del coronavirus che fanno aumentare di nuovo il numero di casi nel mondo, è fondamentale vaccinare il maggior numero di persone possibile e il più rapidamente possibile, afferma Costanzo. Diverse regioni italiane hanno aperto la strada, ma altre sono rimaste indietro, spiega.
“Oggi c’è il covid, ma ieri c’era la tubercolosi. Le malattie infettive sono sempre esistite. E se le persone non vengono curate la salute pubblica è a rischio”, dice Antonio Mumolo, presidente della onlus Avvocato di strada, un’associazione che assiste i senza dimora.
La pandemia ha evidenziato i limiti dei servizi sanitari regionali, afferma il dottor Alessandro Verona, che lavora per Intersos, un’ong che aiuta le persone più vulnerabili: “Ha provocato il caos amministrativo per chi è fuori dal sistema”, dice, soprattutto per chi arriva da un altro paese, come i lavoratori agricoli stranieri. “Il mondo è cambiato, le persone si spostano e chi vive ai margini della società dev’essere protetto. Dobbiamo passare dall’idea di una popolazione difficile da raggiungere all’idea di un sistema sanitario nazionale facile da raggiungere”, aggiunge. Anche l’Asl Roma 1, che ha organizzato la campagna vaccinale all’ospedale Santo Spirito, sta lavorando con organizzazioni di volontariato per aumentare i tassi di vaccinazione tra i gruppi emarginati. I medici e il personale della Asl visitano gli insediamenti rom e gli edifici occupati e offrono vaccini ai senza dimora in un camper che gira per la città, dice Tanese. Questa settimana apriranno due centri per i senza dimora.
Paolo Parente, responsabile dei modelli innovativi di assistenza sanitaria di base per l’Asl Roma 1, dice: “Abbiamo sentito la responsabilità del fatto che una parte della comunità non fosse vaccinata. Ora che la campagna vaccinale nazionale è ben avviata bisogna occuparsi dei più vulnerabili”.
Stanca ma felice
In Italia 21.120.727 persone hanno completato il ciclo vaccinale (dato aggiornato al 5 luglio), il 39 per cento della popolazione sopra i 12 anni.
Al Santo Spirito c’è una folla variegata in fila: un impiegato peruviano di un’agenzia delle Nazioni Unite arrivato tre settimane fa a Roma; una coppia cinese; due ventenni del Kazakistan che studiano a Cassino, dubbiosi sul vaccino Sputnik distribuito nel loro paese; una ragazza ruandese che studia economia a Roma e una badante brasiliana.
Rose Marie Magada, una suora filippina che si è trasferita in Italia a gennaio, è felicissima di ricevere il vaccino dopo mesi di incertezza. “È bello essere protetti”, dice. Laura Morettoni, un’infermiera del Santo Spirito che ha fatto il turno di notte, ha detto di essere stanca ma felice di aver preso parte all’iniziativa: “Penso che i senza dimora e gli emarginati si siano sentiti accolti e accuditi”. La Open night è stata pubblicizzata sugli account social della Asl, ma molti dei partecipanti ne hanno sentito parlare dalle associazioni di volontariato o dai conoscenti.
Marta Pacholczak alla fine non è stata vaccinata. Ha un problema cardiaco, quindi lo staff medico l’ha messa in lista d’attesa per farle somministrare un vaccino più adatto. Tanese, che è in piedi da più di ventiquattr’ore, dice che la sua Asl quasi sicuramente ripeterà l’iniziativa. “Magari non di notte”, aggiunge ridendo. “È un po’ stancante”. ◆ bt
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Questo articolo è uscito sul numero 1417 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati