Un uomo di 36 anni paralizzato da quando ne aveva venti, incapace di parlare a causa di un ictus, si è offerto volontario per la sperimentazione all’università della California a San Francisco di una neuroprotesi cerebrale in grado di tradurre i pensieri in parole. Dotata di 128 elettrodi, la protesi decodifica le onde cerebrali che controllano la voce e i movimenti muscolari necessari per pronunciare le singole consonanti e vocali. Un sistema d’intelligenza artificiale traduce poi i segnali nervosi in parole scritte su un monitor. Dopo tre mesi di test su un vocabolario di cinquanta parole, l’algoritmo ha imparato a riportare correttamente i singoli termini tre quarti delle volte e le frasi intere metà delle volte. Le parole comparivano sullo schermo con tre o quattro secondi di ritardo rispetto al tentativo del volontario di pronunciarle, in risposta a domande semplici. I prossimi passi, scrive il New England Journal of Medicine, saranno migliorare la velocità di elaborazione e la ricchezza del vocabolario.
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Questo articolo è uscito sul numero 1419 di Internazionale, a pagina 101. Compra questo numero | Abbonati