Qualcuno di voi ricorderà quando talk show e quotidiani davano aggiornamenti ogni mattina sull’andamento dello spread, la differenza di rendimento tra i titoli di stato italiani a dieci anni e quelli tedeschi. Uno spread in crescita indicava la “bocciatura” nei mercati finanziari degli ultimi sviluppi politici o economici.

Oggi, anche in una fase di sconvolgimenti come quella attuale, lo
spread resta basso. Un anno fa era intorno a 133 punti, cioè una differenza di rendimento tra titoli italiani e tedeschi dell’1,33 per cento. Poi è salito a 155, prima di scendere sotto i 110. E da lì non si è mosso molto.

La quiete però è in parte ingannevole: in realtà i rendimenti dei titoli di stato italiani sono cresciuti, e con loro la spesa per gli interessi: in un anno si è passati da un minimo del 3,1 per cento a più del 4 per cento. Ma anche i titoli tedeschi sono diventati più costosi per Berlino, perché gli aumenti di indebitamento annunciati dal cancelliere entrante, il cristianodemocratico Friedrich Merz, hanno fatto schizzare i rendimenti.

Per l’Italia, comunque, le notizie sono tutto sommato positive: nell’attuale tempesta finanziaria nessuno pensa che siamo noi il problema. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 102. Compra questo numero | Abbonati