Kader Abdolah è un uomo ammirevole. Scrittore iraniano di sinistra e oppositore sia dello scià sia dell’ayatollah Khomeini, fu costretto ad abbandonare il suo paese nel 1988 e finì ad Amsterdam. Dopo aver tentato per tre volte di andare a New York con passaporti falsi, alla fine accettò il suo destino. Traumatizzato dall’incapacità di scrivere in persiano, in esilio “con una pistola senza proiettili”, ma determinato “a mostrare il dolore del mio popolo al resto del mondo”, cominciò poco alla volta a padroneggiare la lingua olandese. Kader Abdolah (pseudonimo che commemora due attivisti curdi giustiziati) è oggi uno degli scrittori olandesi più acclamati. Nel 2008 pubblicò Il messaggero. Vita di Muhammad il profeta con l’idea di costruire un ponte tra oriente e occidente. Costruire ponti è raramente un’impresa che non sia onorevole, e questo libro ha avuto un ruolo importantissimo nel far capire le basi dell’Islam, il Corano e la vita di Maometto a un pubblico occidentale e non musulmano. Nel Messaggero non leggiamo tanto una biografia, quanto piuttosto un resoconto romanzato della vita di Maometto. Abdolah divide grosso modo la vita del profeta in due metà: in esilio a Medina (umile mistico) e al potere alla Mecca (sovrano e capo militare). Abdolah intende chiaramente parlare di qualcosa che gli sta molto a cuore: cosa succede quando un leader religioso assume il controllo dello stato. E chi sono io per dire che ha torto?
Hassan Mahamdallie, Independent

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Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati