Per molti musicisti condensare la cultura del proprio paese in un solo album sarebbe un compito difficile. Per la trombettista e compositrice anglobareinese Yazz Ahmed non è così. Il suo quarto disco, A paradise in the hold, racconta storie del Bahrein ispirandosi a poesie nuziali e ai canti dei cercatori di perle. L’idea è nata nel 2014, quando Ahmed ha ricevuto una borsa di studio per fare ricerca per una composizione basata sul folclore dei suoi luoghi d’origine. Dopo aver fatto dei concerti con musicisti locali, grazie al sostegno del British council e del ministero della cultura del Bahrein nel 2016 è riuscita a eseguire il brano dal vivo. Il progetto, però, è stato messo in pausa fino al 2020, quando la pandemia le ha dato il tempo per rimetterci mano. “Prima della fine del 2020 ho rivisto le composizioni. Questo mi ha dato un’idea più chiara di come completare l’album. Passo dopo passo, ho cominciato a modificare e riorganizzare il materiale. Ero tornata con le orecchie fresche, pronta a provare cose nuove”, racconta la musicista. L’album si distingue per le sue collaborazioni, come quella con la cantante belga di padre egiziano Natacha Atlas. I testi narrano storie intime. Il titolo è tratto da un verso del brano My ship di Kurt Weill e Ira Gershwin, una scelta simbolica per un album che esplora il passato del Bahrein con uno sguardo moderno. Ahmed combina tradizione e innovazione, offrendo una nuova prospettiva sulla musica mediorientale.
Rae Crumble,
Bandcamp Daily

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Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati