L’Unione europea diventa più ostile verso i migranti e i rifugiati, contraddicendo i valori che sostiene di difendere. L’11 marzo la Commissione europea ha accolto l’idea che gli stati dell’Unione possano trasferire in centri di detenzione fuori dei confini europei chi ha ricevuto un rifiuto alla domanda di protezione umanitaria e deve essere rimpatriato. Questa proposta, da cui sono escluse le famiglie e i minori non accompagnati, mira ad aumentare le espulsioni (oggi solo il 20 per cento di chi ha ricevuto un ordine di espulsione torna nel suo paese) inasprendo le condizioni per chi resta in Europa dopo il respingimento della domanda d’accoglienza. Bruxelles conferma quindi il giro di vite in materia d’immigrazione, accettando l’impronta particolarmente restrittiva data dai partiti più estremisti al patto sulla migrazione e l’asilo adottato circa un anno fa e che entrerà in vigore a metà del 2026.

Uno dei pilastri di quell’accordo è la creazione di “un sistema europeo, efficace e comune per i rimpatri”, come discusso l’11 marzo. È triste constatare che, per sostituire una direttiva sulle migrazioni ormai superata, Bruxelles abbia deciso di seguire la politica fallimentare di trasferire i migranti in centri extraeuropei portata avanti dalla presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni. La pretesa di Meloni di confinare in Albania i richiedenti asilo mentre viene esaminata la loro domanda – una differenza importante rispetto all’iniziativa europea, che riguarda solo chi ha già ottenuto un rifiuto – è stata bocciata per tre volte dai tribunali italiani.

In realtà il problema non è il numero di persone che arrivano in Europa: nel 2024 sono entrati illegalmente circa 239mila migranti, il numero più basso dal 2021 e di gran lunga inferiore a quello degli arrivi legali (più di 3,7 milioni nel 2023). Nel 2024 un milione di persone ha chiesto asilo nello spazio Schengen, l’11 per cento in meno del 2023. Solo il 42 per cento delle domande è stato accolto. Il vero problema è aver permesso ai populisti d’indirizzare il dibattito sull’immigrazione e di presentare soluzioni inutili. Ora la proposta dovrà essere approvata dal Consiglio europeo e dal parlamento, ma visto il peso delle destre in entrambe le istituzioni non c’è da sperare in una marcia indietro. Oggi l’Unione vive un momento critico della sua storia. Mentre invoca l’unità per difendersi da chi attacca le libertà e i diritti che sostiene, non può permettersi di cedere a una spinta reazionaria che va contro i suoi valori. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati