Quando i taliban hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan nel 2021, l’idea prevalente era che, se non si fossero mostrati più moderati, il loro regime sarebbe stato emarginato dalla comunità internazionale. Inoltre per alcuni paesi era comunque inconcepibile stabilire delle relazioni con loro. Nonostante il notevole peggioramento del clima repressivo in Afghanistan – con restrizioni estreme per le donne e la reintroduzione delle punizioni corporali per presunti crimini di natura morale – il regime sta superando l’isolamento internazionale. Molti governi sono pronti a mettere da parte i dubbi etici di trattare con i taliban e riconoscere il loro governo di fatto del paese. Nel gennaio 2025 il ministro degli esteri indiano Vikram Misri e quello afgano ad interim Amir Khan Muttaqi si sono incontrati per la prima volta nel vertice di più alto livello tra i due paesi da quando l’India ha avviato rapporti indiretti con Kabul nel 2021. Per il regime l’incontro con Misri è un’importante svolta diplomatica, viste le relazioni tese e conflittuali con New Delhi dagli anni novanta. Da allora i taliban hanno cominciato a definire l’India un “importante partner regionale ed economico”. È probabile che il cambiamento dipenda dal fatto che New Delhi non considera più i taliban e i gruppi a loro collegati come una minaccia terroristica rilevante, e dal peggioramento dei rapporti tra i taliban e il Pakistan, che li aveva sostenuti nel loro percorso per tornare al potere. I rapporti con Kabul, però, si sono guastati per alcune dispute di confine e a causa dell’aumento delle attività dei taliban in Pakistan.

Dal punto di vista diplomatico per i taliban l’apertura di New Delhi potrebbe essere importante perché rappresenta un precedente per le democrazie occidentali, in particolare gli Stati Uniti, interessate a trovare un punto di equilibrio tra il rifiuto di riconoscere la legittimità del loro governo e la necessità di dialogare con Kabul su alcune questioni.

A gennaio si è saputo che l’amministrazione statunitense guidata da Joe Biden aveva trattato con i taliban il rilascio di due prigionieri americani. Nel 2024 Washington aveva valutato l’espansione delle relazioni dirette e della cooperazione con il regime afgano per attività di antiterrorismo. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca probabilmente cambierà le cose. Durante il suo primo governo Washington aveva dialogato con Kabul e nel 2020 avevano raggiunto gli accordi di Doha, che hanno facilitato il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan.

Il ritorno di Trump potrebbe far riprendere i rapporti tra Washington e Kabul, anche se non mancano le incertezze. Il presidente americano ha criticato il modo in cui il suo predecessore ha gestito il ritiro dall’Afghanistan. Nel gennaio 2025 ha detto che la condizione per qualsiasi forma di futuro sostegno finanziario a Kabul è la restituzione degli equipaggiamenti militari statunitensi in Afghanistan. I taliban hanno detto di voler aprire un “nuovo capitolo” nei rapporti con Washington.

Non offrire vantaggi

Ora l’occidente ha urgenza di avviare relazioni con i taliban, e non necessariamente abolendo le sanzioni, che non hanno avuto alcun effetto sul regime e hanno aggravato le condizioni della popolazione afgana. L’aspetto più importante è la presenza di gruppi terroristici in Afghanistan, tra cui Al Qaeda e il gruppo Stato islamico della provincia del Khorasan (Iskp). Alla luce della crescente influenza cinese, inoltre, i paesi occidentali temono che continuando a voltare le spalle a Kabul offriranno un vantaggio a Pechino.

L’emergenza umanitaria

◆ Il 10 marzo 2025 Roza Otunbayeva, a capo della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama), ha presentato al Consiglio di sicurezza un rapporto sulla situazione umanitaria ed economica nel paese. Nel 2025, ha detto Otunbayeva, 23 milioni di afgani – più della metà della popolazione – avranno bisogno di aiuti umanitari, che però stanno diminuendo. Per questo è fondamentale per il paese essere reintegrato nel sistema internazionale. L’economia afgana è cresciuta del 2,7 per cento nel 2024. Gli investimenti dei paesi vicini, in particolare nelle infrastrutture, non mancano. Ma nel breve e medio periodo la crescita non compenserà il calo degli aiuti e l’aumento della popolazione. “I vincoli di bilancio, le nuove priorità della politica mondiale e la tendenza di alcune nazioni a occuparsi esclusivamente delle questioni nazionali rischiano di lasciare l’Afghanistan più povero, più vulnerabile e più isolato”, ha avvertito Otunbayeva.


Per i taliban la relazione strategicamente più rilevante e a lungo termine resta, infatti, quella con la Cina, che spazia dalla cooperazione economica a quella politica e di sicurezza. Anche se non riconosce ufficialmente il regime, la Cina è stato il primo paese a ricevere un loro inviato, e i due paesi hanno firmato diversi accordi importanti, tra cui uno nell’ottobre 2024 che assicura ai taliban alcune esportazioni senza dazi e potrebbe fornire una spinta economica al regime a corto di liquidità. Per la Cina l’Afghanistan è una porta d’ingresso per i progetti infrastrutturali della nuova via della seta in Asia centrale e un paese di cui sfruttare le vaste riserve naturali. Ma non mancano i problemi. Alcuni gruppi terroristici in Afghanistan hanno preso di mira la Cina e suscitano timori per la sicurezza nelle sue province di frontiera. Gruppi affiliati ai taliban in passato hanno attaccato gli interessi cinesi nel vicino Pakistan. Comunque Pechino sembra intenzionata a rafforzare le sue relazioni con Kabul, concentrandosi su scambi e investimenti reciproci nel campo della sicurezza e della tecnologia.

Un altro progresso diplomatico per i taliban è dato dal miglioramento delle relazioni con la Russia. Mosca li ha invitati al forum economico di San Pietroburgo nel 2024 e ha inoltre deciso di cancellarli dalla sua lista delle organizzazioni terroristiche. Tutto questo suggerisce un progressivo avvicinamento tra le parti. I taliban hanno giocato una partita fatta di lunghe attese, fin dall’invasione statunitense dell’Afghanistan nel 2001. Alla fine hanno avuto la meglio, tornando al potere dopo il ritiro degli Stati Uniti nel 2021. Le rinate relazioni diplomatiche internazionali dimostrano che sono di nuovo in grado di adottare una strategia di lungo termine per logorare i governi e spingerli a una sorta di accettazione e riconoscimento del loro regime autoritario. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 33. Compra questo numero | Abbonati