Per Richard Dawson i grandi progetti non sono insoliti: l’album The ruby cord si apre con un pezzo che dura 41 minuti e il protagonista di ogni brano di Peasant è un diverso abitante del medioevo. Per il suo ottavo album solista, invece, il migliore cantante folk britannico moderno ha scelto un punto di vista più stretto: End of the middle si concentra su diverse generazioni di una famiglia e su come i modelli di comportamento si ripetono attraverso gli anni. Questa idea permette a Dawson di offrirci un’istantanea di persone ordinarie nel Regno Unito di oggi e le sue storie di stress e gioie della vita quotidiana sono rese ancora più concrete da testi che fanno riferimento a riunioni su Zoom, discorsi del testimone di nozze “goffamente presentati in PowerPoint” e consigli sulle bollette. Tra i racconti che parlano di come trovare la catarsi in un orto (Polytunnel), di un ragazzo che si ritrova coinvolto in risse a scuola proprio come un tempo faceva suo padre (Bullies) e di una nonna che si chiede dove sia andato a finire il tempo (Gondola), sono molto frequenti i momenti d’intuizione, poesia e calore umano. Uno sfondo musicale relativamente scarno dà ai testi lo spazio che meritano, con solo l’occasionale intervento di un clarinetto come distrazione. Dawson è un talento unico.
Phil Mongredien, The Observer
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Questo articolo è uscito sul numero 1604 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati