Architetti e ingegneri progettano gli edifici e le strutture come i ponti, tenendo conto del clima del posto in cui saranno realizzati: usano materiali e seguono standard di progettazione in grado di sopportare sia l’escursione termica, le precipitazioni, la neve e il vento previsti sia fenomeni di natura geologica come terremoti, subsidenza e i livelli delle acque sotterranee.

Il mancato rispetto di questi standard significa che gli edifici possono avere dei problemi. Se il vento è molto forte qualche tegola potrebbe staccarsi. Se piove a dirotto per giorni e il livello della falda acquifera sale, il piano interrato potrebbe allagarsi. Questi problemi rientrano nella norma ed è impossibile scongiurarli del tutto. La crisi climatica, però, li renderà più frequenti, e gli standard abituali diventeranno inadeguati. L’aumento della temperatura e dell’umidità medie, per esempio, sarà permanente e le alluvioni che prima si verificavano una volta ogni cent’anni potrebbero diventare ricorrenti.

In alcuni casi gli effetti possibili sono evidenti. Le case tenderanno a surriscaldarsi. Le alluvioni saranno più frequenti e interesseranno aree più vaste, al punto che probabilmente alcune saranno abbandonate. Certi effetti saranno circoscritti e contenibili, e i rimedi piuttosto semplici. Per esempio si potrà ridurre il surriscaldamento proteggendo le finestre con tende da sole o tapparelle, con buone coibentazioni e ventilazioni. Ma a preoccupare di più sono forse gli effetti insidiosi del cambiamento climatico, che compromettono gradualmente le funzioni essenziali di un edificio in modi meno evidenti.

L’intensificarsi di vento e pioggia renderà più rapido il deterioramento del rivestimento esterno, favorendo le infiltrazioni. L’aumento delle temperature amplierà le zone in cui vivono alcuni insetti, come le termiti del legno, capaci di causare gravi danni strutturali, o le zanzare che trasmettono la malaria, da cui dovremo difenderci ripensando anche gli spazi domestici.

Con il caldo i materiali, soprattutto i metalli, si espandono e superata una certa soglia possono deformarsi. Le alte temperature sono state ritenute in parte responsabili delle oscillazioni di un grattacielo di Shenzhen, in Cina, che è stato evacuato, perché la struttura d’acciaio si era allungata. Le temperature estreme possono anche sciogliere i materiali.

In un mondo più caldo si prevede anche un aumento della subsidenza, ossia il cedimento del suolo sotto una costruzione, con conseguenti crepe o il crollo della struttura. Particolarmente vulnerabili sono i palazzi con le fondamenta nei terreni argillosi, che assorbendo acqua si gonfiano per poi indurirsi e restringersi quando si asciugano.

Gli effetti sul cemento armato

L’effetto della crisi climatica che preoccupa di più è forse quello sul cemento armato, o meglio il calcestruzzo armato, uno dei materiali più diffusi al mondo. Usato per case, grattacieli e ponti, si ottiene versando una colata di calcestruzzo su barre d’acciaio sistemate in appositi stampi. Una volta asciugato, produce strutture estremamente solide.

Un clima più caldo e umido, però, ne altera la durata. Se arrugginita per effetto dell’acqua, l’armatura si gonfia e spacca il cemento, indebolendo la struttura. Gli edifici dei litorali sono i più esposti, perché il cloruro presente nell’acqua salata favorisce la formazione della ruggine. L’innalzamento dei mari farà salire il livello della falda rendendo l’acqua più salata e intaccando le fondamenta, mentre gli spruzzi saranno più diffusi grazie ai venti forti.

Il calcestruzzo subisce anche la carbonatazione, processo in cui l’anidride carbonica dell’aria reagisce con il materiale e forma il carbonato di calcio. Questo elemento chimico abbassa il pH del calcestruzzo esponendo ulteriormente l’acciaio alla corrosione. Dagli anni cinquanta a oggi la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è passata da circa 300 ppm (parti per milione) a ben più di 400. E più CO2 significa più carbonatazione.

L’unica soluzione è adattare le costruzioni alle nuove condizioni. Prima cominciamo ad ammodernare i palazzi esistenti, e a costruirne di nuovi in grado di sopportare la crisi climatica, meglio è. ◆ sdf

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1423 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati