In molti hanno reso omaggio a Gino Strada, chirurgo italiano e “maestro di umanità” noto per aver fondato ospedali di prim’ordine per le vittime di guerra. Il medico, che insieme ad altri nel 1994 aveva fondato l’organizzazione umanitaria Emergency per fornire assistenza sanitaria gratuita e di qualità alle vittime dei conflitti, è morto il 13 agosto in Francia. Aveva 73 anni.
Chirurgo specializzato in trapianti di cuore e polmoni, Strada si era dato la missione di aiutare a guarire le persone coinvolte in alcune delle guerre più sanguinose del mondo. Emergency ha cominciato a operare in Ruanda durante il genocidio, e da allora ha curato più di 11 milioni di persone in 19 paesi. Oggi è in Afghanistan (dove gestisce un centro chirurgico di fama mondiale), Eritrea, Iraq, Sierra Leone, Uganda, Yemen e Sudan, oltre che in Italia.
Nel 2013 Strada aveva detto all’ Observer che gli ospedali fondati da lui dovevano essere almeno uguali a quelli occidentali, se non migliori: “Se credi che la medicina sia un diritto umano non puoi avere ospedali che offrono cure di alto livello e poi andare in Africa e dire: ‘Ecco un paio di vaccini e qualche siringa’. Crediamo che gli esseri umani abbiano tutti gli stessi diritti e dignità o no? Noi diciamo di sì”. L’obiettivo era creare strutture “in cui saresti felice di far curare un familiare”.
Sua figlia, Cecilia Strada, ha raccontato su Facebook che non era con lui quando è morto, perché era a bordo di una nave di soccorso con l’ong ResQ: “Amici, come avrete visto il mio papà non c’è più. Non posso rispondere ai vostri tanti messaggi perché sono in mezzo al mare e abbiamo appena fatto un salvataggio. È quello che mi hanno insegnato mio padre e mia madre”. La moglie di Strada, Teresa Sarti, con cui aveva fondato Emergency, è morta nel 2009.
Renzo Piano, l’architetto italiano che ha progettato l’ospedale di chirurgia pediatrica di Emergency a Entebbe, in Uganda, racconta di aver imparato molto da Strada e che la sua morte è “una grande perdita”. “Era una persona con una fiducia semplice e chiara nella scienza, nella solidarietà umana e nella bellezza. Parlava di eccellenza medica ma anche ambientale e umana”, dice. “In un certo senso era un umanista”. Piano racconta di aver parlato con Strada pochi giorni prima che morisse, per organizzare un viaggio in Uganda. “L’ospedale già funziona”, spiega, “ma non c’è stato un momento per inaugurarlo ufficialmente. L’altro giorno discutevamo di provarci a ottobre. È molto triste”.
Fonte d’ispirazione
Il fotografo, scrittore e attivista britannico Giles Duley ha incontrato Strada per la prima volta nel 2010 al centro di cardiochirurgia Salam di Emergency, a Khartoum, in Sudan, per documentare il suo lavoro. Il loro rapporto è stato tra i motivi che l’anno successivo hanno spinto Duley ad andare in Afghanistan, dove è stato gravemente ferito e ha perso entrambe le gambe e un braccio. È stata l’influenza di Strada, spiega Duley, che l’ha portato a creare la sua fondazione, Legacy of War. “Era un uomo di princìpi, che credeva in qualcosa”, dice. “Oggi purtroppo viviamo in un mondo in cui poche persone hanno dei princìpi. Lui ha preso posizione e ha detto quello che molti di noi pensano: la causa di tanti problemi del mondo è la guerra, la militarizzazione e il trarre profitto dai conflitti. È quello che dobbiamo fermare”.
Duley racconta che in una delle ultime occasioni in cui l’ha visto, Strada sembrava stanco: “Era evidente che era provato dal suo lavoro, ma non si sarebbe mai ritirato o fermato: questa era la sua vita e lui aveva dedicato se stesso alle persone ferite nei conflitti e a quelli che avevano bisogno di un intervento chirurgico al cuore in giro per il mondo”.
Il 13 agosto sul quotidiano la Stampa è uscito un articolo in cui Strada definiva la guerra statunitense in Afghanistan “un fallimento da ogni punto di vista”. Rendendo omaggio al personale delle strutture sanitarie di Emergency nel paese, notava: “Non posso scrivere di Afghanistan senza pensare prima di tutto a loro e agli afgani che stanno soffrendo in questo momento, veri ‘eroi di guerra’”. ◆ fdl
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Questo articolo è uscito sul numero 1423 di Internazionale, a pagina 39. Compra questo numero | Abbonati