La sinistra è tornata, eccome. Poche settimane prima delle elezioni i sondaggi davano Die Linke sotto la soglia di sbarramento del 5 per cento, poi ha sorpreso tutti. Se si tiene conto dell’alta affluenza alle urne, ha quasi raddoppiato le percentuali dei sondaggi, arrivando al 9 per cento delle preferenze. Inoltre sei candidati sono arrivati primi nelle loro circoscrizioni. La Linke ha beneficiato di condizioni favorevoli, ma nelle scorse settimane ha anche fatto molte cose giuste. Come ha ottenuto questo successo? E ora cosa ci si può aspettare? Stando alle analisi del voto, molti ex elettori del Partito socialdemocratico (Spd) e dei Verdi hanno dato la loro preferenza alla Linke. In parte perché non erano soddisfatti dei due partiti che facevano parte della coalizione di governo. Ma ci sono stati anche dei fattori esterni: dopo la decisione dell’Unione cristianodemocratica (Cdu) di votare una legge insieme al partito di estrema destra Alternative für Deutschland (Afd), molti elettori volevano un partito che non sostenesse la candidatura a cancelliere del lea­der della Cdu, Friedrich Merz. E in campagna elettorale i Verdi e l’Spd erano spesso indistinguibili dalla Cdu in tema di migranti e richiedenti asilo.

Ma il successo della Linke non si deve solo a fortunati fattori esterni. Il partito aveva un piano efficace: la sua arma strategica è stata la cosiddetta “missione riccioli d’argento”, cioè la scelta di schierare tre veterani del partito. I dirigenti inoltre avevano dichiarato con fermezza che il partito sarebbe sicuramente entrato nel Bundestag. A lungo era sembrato un obiettivo irrealistico, ma la fermezza del partito ha contribuito a dissipare il timore che il voto per la Linke fosse inutile.

Inoltre, dopo la scissione dell’Alleanza Sahra Wagenknecht (Bsw) e dei suoi seguaci della “sinistra conservatrice”, la Linke è riuscita a darsi una nuova immagine. Quella del partito che si batte localmente per le questioni sociali, come l’aumento degli affitti o la crescita dell’estrema destra. E se ci sono stati molti nuovi iscritti è anche perché si sono impegnati durante la campagna elettorale.

 La Linke non avrà molto tempo per festeggiare il risultato. Anche se non farà parte del governo, ha comunque davanti un compito importante. Deve chiarire come tradurrà lo slancio del voto nella quotidianità di una democrazia rappresentativa. I gruppi parlamentari sono importanti, sono loro che trovano i finanziamenti e su di loro si concentra l’attenzione dei mezzi d’informazione. La vecchia Linke ha avuto problemi anche perché i suoi vertici riuscivano a malapena a controllare il gruppo parlamentare. Non si sapeva più chi parlava in nome di chi.  

Nel corso della campagna elettorale la divisione dei compiti è stata chiara: Jan van Aken si è occupato dei talk show, Ines Schwerdtner della base e Heidi Reichinnek dei social media. Al momento della vittoria, i vertici del partito e i candidati di punta sono sembrati uniti. Le cose rimarranno così? Ancora più importante è capire se Die Linke saprà integrare i diecimila nuovi iscritti. Come si comporta un partito di sinistra al passo con i tempi, quali forme di partecipazione e di radicamento nel territorio farà proprie una volta svanita l’ebbrezza della campagna elettorale? È quello che Die Linke deve scoprire.

Un voto giovane
Preferenze espresse da elettori tra i 18 e i 29 anni, percentuale - Forschungsgruppe Wahlen
Preferenze espresse da elettori tra i 18 e i 29 anni, percentuale (Forschungsgruppe Wahlen)

Nuove sfide

Un’ulteriore sfida è in agguato nella politica estera. Per capirlo basta guardare il programma elettorale del partito, dove ci s’infiamma per Cuba per fare contenti un paio di nostalgici. Sulla battaglia esistenziale dell’Ucraina, a tre anni dall’inizio dell’aggressione russa, invece, la Linke dice poco.  I vertici del partito, e in particolare Jan van Aken, sono riusciti a pacificare il conflitto interno e hanno criticato le sanzioni occidentali indubbiamente insufficienti. Ma ora non si può più tergiversare sulla questione. Servono risposte tempestive da sinistra. La sinistra finlandese, per esempio, è favorevole alla fornitura di armi all’Ucraina e non è più contraria a una difesa comune all’interno della Nato. È possibile che i molti giovani iscritti alla Linke siano più pragmatici dei fondatori del partito. Infine un’ultima sfida: la Linke deve fare opposizione nel Bundestag. Negli ultimi anni si è capito che qualcosa non funziona se il governo viene criticato praticamente solo da destra. Per questo anche chi è distante dal partito deve rallegrarsi per il successo elettorale della Linke. Ma se si formasse davvero una coalizione di governo tra Spd e Cdu, Die Linke si troverebbe all’opposizione in competizione con i Verdi.

“Tutti vogliono governare, noi vogliamo cambiare”, era lo slogan che il partito ha ripetuto nella sua campagna elettorale. Finché c’era il rischio di non entrare nel Bundestag, poteva andare. Ora però dovrà chiarire cosa intende per cambiamento. Senza la Linke sarà impossibile approvare la riforma del “freno al debito”(la norma costituzionale che pone limiti severissimi al disavanzo pubblico). Il partito bloccherà la riforma se il deficit dovesse servire a finanziare la difesa comune europea o è disposto a trovare un compromesso che consenta di mettere mano a infrastrutture ormai obsolete?

A votare per Die Linke sono stati soprattutto i giovani non militanti. Tra chi ha votato per la prima volta, Die Linke è il partito più forte, scelto addirittura da una giovane donna su tre. È un grande patrimonio di fiducia che non deve essere dissipato. E anche un grande carico di responsabilità per un partito che si credeva morto. ◆ nv

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1603 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati