La storia di Bill Fay, il cantautore britannico morto il 22 febbraio all’età di 81 anni, fa commuovere e sembra uscita da un film. Per certi tratti la sua vicenda ricorda quella di Sixto Rodríguez, il cantautore statunitense raccontato dal bellissimo documentario Searching for sugar man. Fay e Rodríguez avevano in comune il fatto di essere finiti nel dimenticatoio per tantissimi anni, e di aver raggiunto un successo clamoroso solo in tarda età. La storia di Rodríguez è stata più ricca di colpi di scena, ma anche la rinascita artistica di Fay merita di essere raccontata.

Nato nel nord di Londra nel 1943, William Fay (questo il suo nome di battesimo) frequentò il college in Galles, dove studiò elettronica e cominciò a comporre canzoni al pianoforte e all’armonica. Il batterista di Van Morrison, Terry Noon, scoprì presto le sue demo e lo aiutò a firmare con la Deram, una filiale della Decca Records. Con l’etichetta il cantautore all’inizio degli anni settanta pubblicò due album: Bill Fay e Time of the last persecution.

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A causa delle vendite deludenti di quest’ultimo disco, però, Fay fu scaricato dall’etichetta. “Non ho abbandonato il mondo della musica, è stato il mondo della musica ad abbandonarmi”, aveva dichiarato l’anno scorso in un’intervista rilasciata al Guardian. L’artista era molto influenzato dalla propria fede cristiana e la usava come lente per leggere gli eventi storici: Time of the last persecution, uscito nel 1971, fu una risposta diretta ad alcune delle grandi tragedie del novecento come i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, le leggi Jim Crow e la guerra del Vietnam. Dopo essersi allontanato dalla carriera discografica, Fay si sposò, mise su una famiglia e fece vari lavori: custode, pescivendolo e raccoglitore di frutta.

A tirarlo fuori dall’anonimato ci pensò il produttore Jim O’Rourke, che nel 1998 riscoprì i suoi primi album e li fece ascoltare a Jeff Tweedy dei Wilco durante le registrazioni dell’album Yankee Hotel Foxtrot. Tweedy in seguito ha inserito una cover di Be not so fearful nelle scalette dei concerti della band e, dopo molta insistenza, Fay si è esibito con loro due volte nel 2007 e nel 2010. O’Rourke aveva inviato una copia di Time of the last persecution anche a David Tibet del gruppo sperimentale Current 93. Tibet è rimasto così colpito dal disco da rintracciare Fay e aiutarlo a pubblicare nel 2005 Tomorrow, tomorrow, & tomorrow, una raccolta di registrazioni in studio realizzate tra il 1978 e il 1981.

Alcuni anni dopo il produttore discografico Joshua Henry, il cui padre possedeva una copia di Time of the last persecution, ha rintracciato anche lui Fay. Dopo aver contattato cinquanta case discografiche, Henry ha aiutato Fay a firmare con l’etichetta Dead Oceans, dando così il via al secondo atto della sua carriera. Fay ha pubblicato altri tre album inediti – Life is people nel 2012, Who is the sender? nel 2015 e Countless branches nel 2020 – e contava tra i suoi fan artisti come The War on Drugs, A.C. Newman dei The New Pornographers e Stephen Malkmus.

Durante questo periodo non ha mai fatto tournée ed è apparso in televisione solo una volta nel programma Later… with Jools Holland, preferendo rimanere vicino a Londra, città in cui aveva vissuto per quasi tutta la vita. “È meglio che passi il tempo a disposizione facendo quello che ho sempre fatto”, ha detto al New York Times nel 2020. “Sono grato che quella parte della mia vita sia continuata trovando canzoni nell’angolo della stanza”.

In un’intervista rilasciata alla rivista Spin nel 2012 Fay aveva raccontato: “Nel 1998 stavo facendo giardinaggio mentre ascoltavo alcune delle mie canzoni su cassetta, e una parte di me era convinta che erano abbastanza buone. Ho pensato: ‘Forse un giorno qualcuno le ascolterà’. La sera stessa ricevetti una telefonata da un autore musicale che mi diceva che i miei due album sarebbero stati ristampati. Non riuscirò mai a credere che sia successo. Avevo accettato il fatto di essere stato cancellato, ma avevo sempre continuato a scrivere canzoni”.

La causa della morte di Fay non è stata rivelata, ma da anni il cantautore soffriva del morbo di Parkinson. Per la musica la sua scomparsa è una notizia veramente triste. Raramente una riscoperta tardiva è stata così meritata.

La musica di Fay era straordinaria, sia quella degli anni settanta, sia quella – soprattutto – pubblicata a partire dal 2012, come il meraviglioso album Life is people del 2012. Brani come l’inno pacifista There is a valley – i cui riferimenti a Gerusalemme suonano purtroppo attuali come non mai – sono di una qualità straordinaria. Se non lo conoscevate, approfittate di questa triste notizia per scoprirlo.

Questo testo è tratto dalla newsletter Musicale.

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