Una delle nostre più deste case editrici, dal nome impossibile, ci fa dono di un romanzo di uno dei nostri autori migliori, una scrittrice e poeta nata a Verona da madre italiana e padre somalo e vissuta a lungo a Mogadiscio, finché la guerra civile glielo ha permesso. Torna qui agli ambienti degli altri romanzi, Madre piccola e Il comandante del fiume, offrendoci due personaggi femminili tra i più vivi della nostra letteratura recente anche per il loro rapporto con la storia con la s maiuscola, e con radici non meno forti delle loro ambizioni. Sono Ebla, che ha vissuto il passato della colonia, e Clara, sua figlia di latte. All’intorno, un mondo di sentimenti e tensioni forti, di scelte difficili ma su solide convinzioni, di contrasti tra l’intimo e il sociale diversi da quelli di tanti superficiali romanzi d’oggi, scritti da chi sembra mancare di salde basi e salde convinzioni, e si muove sulle strade più ovvie e ripetitive, tra autofiction e blandi sociologismi, fiacchi sentimenti e sbadiglievoli ripetizioni e, di recente, aggiungendoci un po’ d’inchiesta per dare un po’ di senso a quel che fatica a trovarne. Ebla e Clara sono personaggi vivi e forti, le loro contraddizioni speranze passioni c’interessano perché hanno radici nella storia e non nella narcisistica nebbia di una letteratura populista come tanta politica.
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Questo articolo è uscito sul numero 1424 di Internazionale, a pagina 93. Compra questo numero | Abbonati