Nelle sale da concerto la musica per piano di Rossini in sostanza non esiste. Su disco la situazione è stata la stessa per anni: c’era solo qualche pezzettino dal titolo divertente ripescato da Marcelle Meyer o Aldo Ciccolini (Prélude prétencieux, Ouf! Les petits pois, Un petit train de plaisir). Ma il mercato discografico ha bisogno di novità, così da un po’ sono spuntati dei recital e qualche integrale: una di Marco Sollini, che però si è interrotta, e una di Alessandro Marangoni, che presenta tutti i tredici volumi dei Péchés de vieillesse, con anche i pezzi vocali e quelli di musica da camera. Paolo Giacometti aveva cominciato per primo a registrare tutti i pezzi per pianoforte solo con quattro strumenti storici, un Pleyel del 1858 e tre Érard, del 1837, 1849 e 1858. Ora sono stati raccolti in un cofanetto. Le opere pianistiche di Rossini sono discontinue, ma spesso più interessanti di quel che sembra. Questa edizione è sicuramente la più raccomandabile, non solo per le sonorità degli strumenti, molto più adatti a questo repertorio di uno Steinway qualunque, ma anche per l’esecuzione sempre spontanea ed espressiva di Giacometti.
Gérard Belvire, Classica
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Questo articolo è uscito sul numero 1601 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati