Sharon Van Etten è un’artista in costante evoluzione, come dimostra il nuovo progetto che segna un coraggioso passo avanti. Da una scrittura completamente individuale e autonoma è passata a un approccio collaborativo e a uno scambio più libero con la sua band, The Attachment Theory. Il risultato è un album ricco di trame ed emozioni. I sintetizzatori sono centrali e i brani passano da momenti oscuri, quasi minacciosi, ad altri più danzerecci e luminosi. Nel disco si parla di perdita e mortalità, ma la cantautrice statunitense si avvicina a questi temi pesanti con curiosità e saggezza. Nell’arco di dieci canzoni non si resta mai nello stesso posto per molto tempo. Spicca I can’t imagine (why you feel this way), in cui la tensione è costruita in maniera magistrale per guidarci verso un passaggio potente e viscerale. Per tutto l’album la voce di Van Etten è dominante, come sempre. Si muove senza sforzo riuscendo a essere tenera, vulnerabile per poi crescere e diventare un pugno nello stomaco. La natura condivisa di questo lavoro sembra aver donato nuova vita alla sua musica, spingendola verso direzioni inaspettate. E visti gli argomenti che tratta, è giusto che suoni anche come una rinascita. Rinunciando a un po’ di controllo e abbracciando una creatività più spontanea, Van Etten ha creato un’opera personale e collettiva allo stesso tempo.
David Saxum, Northern Transmissions
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Questo articolo è uscito sul numero 1601 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati