Laura Mvula è cresciuta cantando nei cori e ha studiato in conservatorio, ed è l’ultima cantante che ti aspetteresti di sentir dire “Ascolta!” con addosso spalline enormi su un beat minimale anni ottanta. Ma la sua recente rinascita come diva che imbraccia un tastierone è una delle reinvenzioni più convincenti degli ultimi anni. Dua Lipa non è l’unica artista britannica in grado di fare del dance pop anni ottanta come si deve. In Pink noise Mvula riesce con convinzione a essere sia Janet Jackson sia Grace Jones. E si lascia parecchio andare: piena di ansie, licenziata dalla sua precedente etichetta dopo due album candidati ai Mercury awards, si toglie finalmente lo sfizio di svagarsi un po’. E questo album è puro divertimento: ispirato alle produzioni di Jimmy Jam e Terry Lewis, con bassi muscolosi, tastiere sintetiche e molto spazio per la sua potente voce di soprano. Kitty Empire, The Observer
L’identità dei misteriosi Sault non è ancora stata svelata, ma intanto è arrivata la prima uscita del 2021 da parte della band militante britannica, che in questi anni ci ha abituato a pubblicare tanti album ispirati dalla tradizione della musica nera. Nine è un progetto che sembra perseguitato dai traumi del passato, quelli raccontati nei brani London gangs (che contiene un’interpolazione del classico scozzese Auld lang syne) e il monologo Mike’s story. Nine è un disco sulla rabbia interiore e sulle conseguenze fisiche di questo sentimento. La già citata London gangs è una delle canzoni migliori, una cosa a metà strada tra i Can di Mushroom e Mama’s gun di Erykah Badu. Il danno autoinflitto, e le sue connessioni con una più ampia disuguaglianza e discriminazione delle minoranze, è un tema esplicito del disco: prendete il soliloquio di Alcohol o la sublime malinconia che guida Bitter streets. Il tema dell’identità è presente anche stavolta, soprattutto in You from London , dov’è ospite la rapper Little Simz. Nine allinea il personale con il politico ed è un disco volutamente più crudo e aperto dei precedenti lavori dei Sault. Robin Murray, Clash

Cos’è che spinge i critici a osannare così tanto Nandi Rose Plunkett, alias Half Waif? Le recensioni del suo disco del 2020 The caretaker si sono concentrate più sul lato emotivo che sulle qualità musicali, usando un linguaggio pomposo come “momenti sovrasaturi del suo passato” (per citare la nostra recensione). Tuttavia scrivere il suo quinto album in un anno in cui è stato facile connettersi al dolore degli altri, ha reso la musica di Nandi Rose meno distante e meno misteriosa. Questo non vuol dire che Mythopoetics non sia un disco emozionante, anzi. I suoni attraversano innumerevoli stati d’animo e sono meno eterei del solito. Dal punto di vista musicale, avendo presenti i suoi tipici arrangiamenti stratificati per voce, piano e sintetizzatori, non c’è molto di diverso da ciò che abbiamo già sentito prima. Però in The apartment o la musicista statunitense lascia che le canzoni si dipanino e fluiscano in direzioni differenti. In altri momenti mostra come sa spingere la voce su varie tonalità, anche alla maniera di Kate Bush quando sale su e gioca con il ritmo. Mythopoetics è l’album più accessibile di Rose, ma resta un traguardo dal punto di vista qualitativo. Forse il mondo si è adattato al grandangolo di Half Waif. Daniel Sylvester, Exclaim
Due pianoforti ci guidano attraverso un viaggio americano in prima classe. Si comincia sbarcando a Ellis Island, porta d’accesso per tutti gli immigrati dell’ottocento, insieme a Meredith Monk. Si passa attraverso il West side di New York con la trascrizione di danze sinfoniche della celeberrima commedia musicale di Leonard Bernstein. Si prosegue con Philip Glass e i suoi Quattro movimenti per due pianoforti, prima di scappare sulla costa occidentale con la Hallelujah junction di John Adams, che prende il nome da una località della California. Vanessa Wagner e Wilhem Latchoumia trasmettono un doppio entusiasmo: quello intrinseco di queste pagine tonificanti e i quello di due interpreti che chiaramente si divertono molto con questo straordinario dialogo musicale. In streaming c’è anche Piano phase di Steve Reich come bonus. Sarah Léon, Classica