Il mondo sta per finire. In una zona costiera chiamata la Punta, Ava e Anna aspettano una catastrofe. Ava, una ragazza che si prostituisce nei boschi, è ossessionata da Anna: una donna più grande, più ricca, influencer e moglie mantenuta che ha perso di recente la figlia Ada a causa dell’anoressia. Sia Anna sia Ava sono disamorate, distanti dal loro ambiente devastato e da loro stesse. Anna va regolarmente in un luogo non specificato in cui chiede alla gente di picchiarla “solo per controllare che io riesca ancora a sentire qualcosa”. Ava Anna Ada è il primo romanzo di Ali Millar ed è ambientato nel periodo che precede un evento meteorologico estremo. La storia è raccontata in brevi capitoli che alternano e fondono le prospettive, cambiando così il nostro modo di vedere le cose. Il racconto è tenuto abilmente in un equilibrio instabile: offre e poi toglie il nostro senso di simpatia per le due protagoniste. Il romanzo potrebbe sembrare familiare a chi frequenta la millennial fiction o la cosiddettacli-fi, la fantascienza ispirata alla crisi climatica, eppure Ava Anna Ada colpisce per la sua terribile intensità: è una storia di sangue e di sudore, piena di violenza sessualizzata, consunzione e decadenza. La trama è tesa fin dalle prime pagine, con Anna in preda a un crollo nervoso, il marito chirurgo Leo complice di un piano che prevede l’uccisione dei suoi pazienti, Ava che progetta una fuga disperata e quella terribile catastrofe in arrivo. Da lì in poi la storia non fa che accelerare.
Daisy Hildyard,The Guardian
Kader Abdolah è un uomo ammirevole. Scrittore iraniano di sinistra e oppositore sia dello scià sia dell’ayatollah Khomeini, fu costretto ad abbandonare il suo paese nel 1988 e finì ad Amsterdam. Dopo aver tentato per tre volte di andare a New York con passaporti falsi, alla fine accettò il suo destino. Traumatizzato dall’incapacità di scrivere in persiano, in esilio “con una pistola senza proiettili”, ma determinato “a mostrare il dolore del mio popolo al resto del mondo”, cominciò poco alla volta a padroneggiare la lingua olandese. Kader Abdolah (pseudonimo che commemora due attivisti curdi giustiziati) è oggi uno degli scrittori olandesi più acclamati. Nel 2008 pubblicò Il messaggero. Vita di Muhammad il profeta con l’idea di costruire un ponte tra oriente e occidente. Costruire ponti è raramente un’impresa che non sia onorevole, e questo libro ha avuto un ruolo importantissimo nel far capire le basi dell’Islam, il Corano e la vita di Maometto a un pubblico occidentale e non musulmano. Nel Messaggero non leggiamo tanto una biografia, quanto piuttosto un resoconto romanzato della vita di Maometto. Abdolah divide grosso modo la vita del profeta in due metà: in esilio a Medina (umile mistico) e al potere alla Mecca (sovrano e capo militare). Abdolah intende chiaramente parlare di qualcosa che gli sta molto a cuore: cosa succede quando un leader religioso assume il controllo dello stato. E chi sono io per dire che ha torto?
Hassan Mahamdallie, Independent
La scrittrice Rachel Ingalls è morta nel 2019, a poco meno di ottant’anni, senza aver raggiunto una vera fama. Come abbiamo potuto ignorarla? Alcuni dicono che è stata colpa della forma letteraria che ha scelto: il racconto breve e la novella, notoriamente poco adatti al mercato editoriale. Per me Ingalls era semplicemente un’anima in anticipo rispetto ai suoi tempi. I racconti di questa raccolta vi lasceranno senza parole, terrorizzati, deliziati, abbandonati, distrutti, disgustati, infuriati, sconcertati, emozionati e disperati. Ingalls è ineguagliabile e se ora è da qualche parte, siede accanto a Shirley Jackson e Robert Aickman, altri due grandi scrittori che non sono riusciti a ottenere l’attenzione che meritavano in vita. Il grande dono di Ingalls è prendere la vita quotidiana e spostarla di qualche centimetro a sinistra, così che tutto sia solo leggermente fuori posto e sbagliato. Basta leggere Amici in campagna, uno dei racconti più brevi di questa raccolta. Comincia con una coppia che si mette in viaggio per andare a trovare alcuni amici in campagna. Cala la nebbia e devono abbandonare l’auto. Arrivano in una casa che pensano sia quella giusta: vengono accolti per nome, ma la coppia non riconosce nessuno. La casa è sontuosa, quindi decidono di bluffare e restare a cena. Poi le cose diventano davvero molto strane, per usare un eufemismo.
Neil Mackay, The Herald
Questo è senza dubbio il più famoso romanzo western mai scritto. Uscì per la prima volta nel 1946 come serie in tre parti su Argosy Magazine. Houghton Mifflin lo pubblicò in forma di libro nel 1949 con il titolo originale di Shane. Alla fine uscì in settanta o più edizioni e vendette dodici milioni di copie (in un paese, gli Stati Uniti, che aveva la metà della popolazione odierna). Diventò un’opera spartiacque che trasformò la narrativa western in letteratura maschile con protagonista l’eroe pistolero. Il cavaliere della valle solitaria era il primo romanzo di Schaefer, che negli anni successivi ha preferito scrivere storie meno mitiche e più in sintonia con il vero west. Era cresciuto a Cleveland, avido lettore di tutto ciò su cui riusciva a mettere le mani, e ha fatto il giornalista per tutta la vita. Sebbene sia poco conosciuto è sicuramente da ricordare tra i più grandi romanzieri degli Stati Uniti.
Richard S. Wheeler, Saddlebums Western Review