A volte le pop star si sentono sole. Billie Eilish non è la prima, e non sarà l’ultima, a riflettere su quanto siano gelide le vette delle classifiche di vendita. Devi portare un bel peso sulla schiena e tutti hanno una critica da farti. Ed essere una ragazza di certo non aiuta. Quando nel 2019 è uscito il suo album di debutto, When we all fall asleep, where do we go?, l’immagine e il corpo di Eilish sono diventati un tema di discussione, perché lei non si vestiva come le pop star femminili che l’hanno preceduta, indossava felpe larghe e nascondeva il suo corpo. E dopo la vittoria ai Grammy la pressione sulla cantante è aumentata. Il secondo album di Eilish, Happier than ever, in un certo senso potrebbe sembrare una resa alla sessualizzazione. Eilish è bionda ora, non nasconde più le sue forme e indossa vestiti più glamour. Ma nelle foto non sorride mai e Happier than ever spiega perché. Lavorando di nuovo con suo fratello Finneas, Eilish ha creato un lavoro musicalmente più accessibile dell’esordio, ma non privo di carisma e melodie. L’album ha solo il difetto di essere un po’ lungo, e di riservare le cartucce migliori per il finale: in Therefore I am la cantante trova la giusta affinità con il groove, mentre il brano che dà il titolo al disco comincia con Eilish accompagnata da un dolce ukulele ma poi si trasforma in un trascinante pezzo rock da stadio. Happier than ever è un album imperfetto, ma significativo.
Tim Sentz,
Beats Per Minute