Cultura Suoni
Happier than ever
Billie Eilish (Kelia Anne MacCluskey)

A volte le pop star si sentono sole. Billie Eilish non è la prima, e non sarà l’ultima, a riflettere su quanto siano gelide le vette delle classifiche di vendita. Devi portare un bel peso sulla schiena e tutti hanno una critica da farti. Ed essere una ragazza di certo non aiuta. Quando nel 2019 è uscito il suo album di debutto, When we all fall asleep, where do we go?, l’immagine e il corpo di Eilish sono diventati un tema di discussione, perché lei non si vestiva come le pop star femminili che l’hanno preceduta, indossava felpe larghe e nascondeva il suo corpo. E dopo la vittoria ai Grammy la pressione sulla cantante è aumentata. Il secondo album di Eilish, Happier than ever, in un certo senso potrebbe sembrare una resa alla sessualizzazione. Eilish è bionda ora, non nasconde più le sue forme e indossa vestiti più glamour. Ma nelle foto non sorride mai e Happier than ever spiega perché. Lavorando di nuovo con suo fratello Finneas, Eilish ha creato un lavoro musicalmente più accessibile dell’esordio, ma non privo di carisma e melodie. L’album ha solo il difetto di essere un po’ lungo, e di riservare le cartucce migliori per il finale: in Therefore I am la cantante trova la giusta affinità con il groove, mentre il brano che dà il titolo al disco comincia con Eilish accompagnata da un dolce ukulele ma poi si trasforma in un trascinante pezzo rock da stadio. Happier than ever è un album imperfetto, ma significativo.

Tim Sentz,
Beats Per Minute

Life, and another

Nella serie Green porno Isabella Rossellini usa costumi e scenografie per spiegare come fanno sesso gli insetti. Guardarla suscita un senso di meraviglia infantile e ci ricorda quanto ci sia da imparare se guardiamo oltre le nostre faccende quotidiane. Erin Birgy, nota come Mega Bog, ha lo stesso sguardo privilegiato: il suo sesto album è strano e sensuale. Negli anni ha scritto dalla prospettiva di alieni, animali o umani a tre occhi; nella sua musica si avventura in territori intricati, giocosi e contraddittori. Life, and another è ambientato sulla Terra, descritta come un pianeta bizzarro in cui la realtà è impregnata di magia. La musicista statunitense scrive senza prendersi sul serio, ma con rigore. È evocativa e divertente, crea immagini piccole e perfette. Ma quello che spicca è soprattutto il suo registro emotivo. Quando parla della vita e della morte sembra sia una bambina sognatrice sia un’anziana saggia. Come in Green porno, Birgy riesce a raccontare le bestioline più informi come delle creature affascinanti davanti a cui meravigliarsi.
Sophie Kemp,
Pitchfork

Spiral
Darkside - Kelly Teacher
Darkside (Kelly Teacher)

Quando Nicolás Jaar e Dave Harrington suonano insieme sembra di assistere a un rituale o alla traduzione di alcuni messaggi arrivati da un’altra dimensione. L’album di debutto dei Darkside, Psychic, era un disco di culto psichedelico che fondeva l’elettronica con il rock. Il secondo disco, Spiral, mostra che la loro connessione mentale è più forte che mai, con altre nove canzoni ardenti. Ascoltandolo si percepisce quella sensazione di essere fuori dal tempo tipica dei lavori di Jaar. Non sai mai se sei in buone mani o no, e la voce lontana di Jaar offre poco conforto. Ogni canzone è carica di suoni interessanti, ma è come se il duo non sapesse cosa farne: troppi brani vacillano proprio quando ti aspetteresti l’esplosione. Dal punto di vista della bravura tecnica, ogni canzone di Spiral è una meraviglia, anche se nel complesso sembra di essere di fronte a un’occasione mancata. La struttura a spirale dei brani è il problema più grande, dal momento che il duo sceglie di ripiegarsi su se stesso ancora e ancora, fermandosi a un passo dalla grandezza.

Emeka Okonkwo,
Resident Advisor

Novák: concerto per piano, Toman e la fata del bosco

Il concerto per piano di Vítězslav Novák (1870-1949) è un lavoro giovanile ricco di melodia. Ricorda un po’ Liszt e un po’ Dvořák, ma non è un problema: come quasi tutta la musica del compositore ceco, mostra una malinconia che, combinata con un’efficace scrittura pianistica, lo rende gradevolissimo. Chiaramente Jan Bartoš ci crede molto e ne offre un’esecuzione espressiva e fluida, ben accompagnato da Jakub Hrůša alla guida dell’orchestra sinfonica della radio di Praga. Il poema sinfonico Toman e la fata del bosco è un ottimo abbinamento, e permette anche di seguire l’evoluzione stilistica di Novák. Un disco sempre piacevole e interessante.

David Hurwitz, ClassicsToday

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1423 - 20 agosto 2021
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