Il terzo romanzo di Cho Nam-joo parla della lotta quotidiana delle donne coreane contro il sessismo endemico. Raccontando la storia di Kim Ji-young – il nome è l’equivalente coreano di Maria Rossi – il libro dà voce alle donne inascoltate. Quando incontriamo Ji-young, ha 33 anni e un bambino di un anno. La sua vita è insignificante, tranne per il fatto che ha cominciato ad assumere le personalità di altri. Durante una visita ai suoceri, Ji-young scivola nell’identità della madre e si mette a parlare in un modo ritenuto inappropriato per il suo posto nella gerarchia della società coreana, basata sull’età. Il suocero è indignato. Ji-young accetta di visitare uno psichiatra, e la cronaca delle loro conversazioni costituisce la maggior parte del romanzo. Ji-young è nata quando “controllare il sesso del feto e abortire le femmine era una pratica comune, come se ‘figlia’ fosse un problema medico”. Il resoconto clinico e spassionato in terza persona, arricchito da cronache giornalistiche e dati demografici ufficiali, testimonia l’oppressione sistemica che Ji-young ha dovuto affrontare. A scuola subisce molestie sessuali, ma danno la colpa a lei. Sul posto di lavoro la pagano meno degli uomini. E mentre svolge il lavoro costoso e non retribuito della maternità, è denigrata come una parassita. La linearità del racconto dà un senso di claustrofobia, e lo stile da case-study oggettivizza Ji-young e la spoglia della sua interiorità. La sua follia è l’unica via d’uscita dall’angusto paradosso dei ruoli di genere. Il romanzo mostra come gli atteggiamenti verso il genere siano intrecciati a questioni socioeconomiche, e in particolare alla crisi finanziaria coreana del 1997. Kim Ji-young può essere vista come una sorta di vittima sacrificale: una protagonista che si spezza per aprire un canale alla rabbia collettiva. Sarah Shin, The Guardian
L’Irlanda di cui Niall Williams scrive in questo romanzo non esiste più. Questa è la felicità è come un viaggio nel tempo. Anche se si svolge alla fine degli anni cinquanta, la storia sembra immersa in toni seppia, e a creare questo effetto non è solo il lume di candela della nostalgia di Williams. L’elettricità non è ancora arrivata nella piovosa Faha, nella contea di Clare, dove è ambientato il libro. La gente del posto, orgogliosamente disinteressata alle comodità moderne, lavora alla luce delle lampade e della luna, seguendo ritmi di vita secolari. Ma questo – e molto altro – cambierà quando Noe Crowe, 17 anni, arriva da Dublino. Lo hanno mandato a Faha per stare con i nonni nella loro buia casa di paglia. Tormentato dalla lenta morte della madre, Noe si è appena ritirato dal seminario, terrorizzato di non poter mai “scoprire cosa significasse vivere una vita pienamente umana”. La sua esperienza a Faha gli insegnerà molto su questo. Il romanzo fa ascoltare le melodie più sottili affogate dal frastuono della vita moderna. È una storia sull’iniziazione all’amore e sulla persistenza dell’affetto, sulla perdita della fede e sul suo ritrovamento. Ron Charles, The Washington Post
Rovine di Mat Osman, bassista dei pionieri del britpop trash Suede, è un romanzo d’esordio che accende i riflettori su un talento inaspettato. È un thriller sul tema del doppio, che ha al centro i fratelli gemelli Brandon e Adam. Il primo è una star del britpop fallita, carismatico ed egocentrico, il cui omicidio da parte di uomini armati con maschere di Paperino è ripreso dalle telecamere a circuito chiuso. Il secondo è un modellista timido e schivo. Scambiato per il gemello, è trascinato in un mondo squallido ma seducente, e si spoglia delle sue difese mentre svela il mistero della morte del fratello. Rovine parla di follia e di creatività, insieme a grandi idee sull’arte, la fama, la famiglia, l’identità e la natura insidiosa della cultura popolare nell’era di internet. Ma Osman intreccia questi temi in un avvincente puzzle noir.
Neil McCormick, The Telegraph