Le avventure di Huck Finn e Tom Sawyer riecheggiano nel lirico e caloroso romanzo di William Kent Krueger, in cui quattro bambini cercano di sottrarsi alla loro vita brutale fuggendo in canoa sul fiume Mississippi. Krueger scava in profondità per offrirci una storia toccante sulla crescita e il superamento di un’infanzia segnata dalle negligenze, gli abusi e il razzismo durante la depressione. Questa terra così gentile si apre nel 1932, quando il narratore Odysseus “Odie” O’Banion e suo fratello Albert subiscono maltrattamenti costanti alla Lincoln indian training school del Minnesota, dove sono stati mandati dopo che il loro padre contrabbandiere è stato ucciso. I fratelli sono gli unici bambini bianchi tra i nativi. Odie è il ribelle, Albert cerca di seguire le regole. I loro amici più stretti sono Mose, un adolescente sioux a cui è stata tagliata la lingua, ed Emmy, figlia di un’insegnante della scuola, unico adulto gentile con tutti i bambini insieme a un bidello dai buoni princìpi. Stanchi degli abusi, e nel tentativo di sfuggire alle conseguenze di un incidente mortale, i quattro partono in canoa verso St. Louis. Lì i fratelli sperano che li accolga una zia che hanno visto poche volte. Ma il viaggio è irto di pericoli, e i ragazzi sono braccati dalle forze dell’ordine. I giornali sostengono infatti che Emmy è stata rapita. Lungo la strada, sono tenuti prigionieri da un contadino pazzo, visitano campi di senzatetto e incontrano vagabondi che saltano sui treni. Ma trovano anche una gentilezza inaspettata da parte di una famiglia in una baraccopoli, di alcuni ebrei ghettizzati, di un proprietario di una pensione che offre stanza e cibo a chiunque e di un guaritore che gli offre una casa temporanea. Oline Cogdill, Sun Sentinel
L’ultimo libro di Arturo Pérez-Reverte mostra in modo molto plastico il dramma, la violenza e la paura con cui i soldati di Hernán Cortés dovettero combattere per rimanere vivi durante la loro ritirata dalla città di Tenochtitlán la notte del 30 giugno 1530. Questo, tuttavia, non è un resoconto storico della conquista dell’America, ma una vivida descrizione degli ultimi minuti della vita di un uomo, fatti di rabbia, coraggio, angoscia e paura. Pérez-Reverte si concentra sulla fuga agonizzante di un giovane soldato spagnolo, di cui conosciamo poco più che il colore degli occhi (azzurri, appunto), le sue umili origini e la sua passione inconfessata per una giovane ragazza indiana. Questo soldato senza nome cerca di avanzare tra i cadaveri dei suoi compagni, aggrappato all’oro che è riuscito ad accumulare quasi come alla sua stessa vita. Nella sua demistificazione dell’eroismo bellico, Occhi azzurri trascende il momento storico in cui è ambientata l’azione, e riflette l’orrore di un bagno di sangue che potrebbe corrispondere a qualsiasi altra battaglia. Forse per questo Pérez-Reverte ha scelto di mettere sulle labbra del suo protagonista espressioni pienamente contemporanee. Eva Hernández Díaz, El Imparcial
“Boom Boom” Warshawski, ex stella dell’hockey e da poco impiegato alla Eudora Grain Co. è morto in un “incidente” sul lungomare di Chicago. Sua cugina, la detective privata V.I. Warshawski, sospettando che si tratti di un crimine si mette a indagare. Boom Boom aveva scoperto qualche affare losco? Nell’affare era coinvolto anche un viscido magnate delle spedizioni? E che dire della stella del balletto locale Paige Carrington, che sostiene di essere stata il vero amore di Boom Boom, ma che sembra avere un sugar daddy che la mantiene altrove? Seguono altri omicidi: la guardia di sicurezza dell’appartamento di Boom Boom e il principale sospettato della compagnia del grano. Poi qualcuno prosciuga il liquido dei freni dall’auto di V.I. Ma lei, imperterrita, segue la pista (piuttosto arbitraria) fino a una città portuale canadese. Complessivamente, un’investigazione aziendale piacevole, con una buona ambientazione navale, dialoghi un po’ legnosi e la voce sarcastica e lamentosa della stessa V.I. Warshawski.
Kirkus Review