23 aprile 2018 15:14

Se gli attacchi contro le strutture di stoccaggio e creazione dell’arsenale chimico del regime siriano sono stati aspramente criticati dall’estrema destra, dalla destra e dalla sinistra radicale, è prima di tutto perché le dittature arabe riscuotono grandi simpatie nello scacchiere politico occidentale.

Molti europei e americani, a destra come a sinistra, provano infatti un certo timore nei confronti degli arabi, un timore in cui si mescolano il risentimento nato dalle guerre di decolonizzazione e l’orrore che provoca il fanatismo sanguinario (minoritario, certo, ma ce ne dimentichiamo in fretta). Questi arabi non li vogliamo liberi ma preferiamo che siano tenuti al guinzaglio da regimi forti, la cui ferocia diventa così un peccato veniale.

Elogiamo la “laicità” di questi regimi per sottolineare che non sono islamisti, ma dimentichiamo che si fondano su un’identità religiosa, sciita in Siria e sunnita in Iraq. Non vogliamo renderci conto che l’omicidio e la tortura degli oppositori non lasciano altra scelta politica se non la religione, né del fatto che i legami tra i dittatori e l’occidente alimentano un desiderio di rottura e di rivincita identitaria.

In Francia mal sopportiamo l’idea di schierarci al fianco degli Stati Uniti, anche se per una causa come la lotta contro l’uso di armi chimiche

In questo modo continuiamo a commettere un gigantesco errore storico dalle conseguenze nefaste e che, senza questi attacchi, avrebbe potuto ridare slancio al gruppo Stato islamico dopo che gli sforzi congiunti di curdi, occidentali e opposizione siriana ne hanno ridotto sensibilmente la minaccia. Gran parte dell’opinione pubblica occidentale non capisce, in sostanza, che non possiamo richiamarci ai nostri princìpi di libertà e democrazia e al contempo sorprenderci se i jihadisti si rafforzano denunciando questi princìpi come ipocriti e bugiardi, da contrastare attraverso la vera fede.

Questa empatia nei confronti delle dittature è la prima ragione dietro le proteste contro gli attacchi occidentali.

La seconda è l’antiamericanismo. A destra come a sinistra, questo sentimento è molto forte in Europa e soprattutto in Francia, dove mal sopportiamo l’idea di schierarci al fianco degli Stati Uniti, anche se per una causa lodevole come la lotta contro l’uso di armi chimiche. Secondo qualcuno si tratta di “atlantismo”, di servilismo nei confronti di Washington, e questo nonostante sia passato ormai un anno da quando Emmanuel Macron ha pubblicamente dichiarato davanti a Vladimir Putin che qualsiasi uso di gas avrebbe suscitato una reazione militare da parte della Francia.

Che ci piaccia o no, già da diversi anni i governi che si sono alternati a Parigi sono stati più interventisti di quelli degli Stati Uniti, dunque non si tratta affatto di atlantismo. Purtroppo continuiamo a ragionare come ai tempi in cui gli Stati Uniti erano il gendarme del mondo, anche se Washington non ha più alcuna intenzione di esserlo.

Il terzo motivo delle critiche nei confronti degli attacchi è l’infatuazione nei confronti di Vladimir Putin che ha coinvolto fin troppi paesi europei, Francia inclusa.

Nei circoli della sinistra radicale il presidente russo non dispiace perché si oppone alla potenza americana. Nell’estrema destra e in parte della destra, Putin seduce per il suo autoritarismo senza legami con il clero, per il suo tradizionalismo nei costumi e per la sua postura da difensore dell’occidente cristiano contro il mondo musulmano. Come Mussolini o Franco lo erano stati tra le due guerre, Putin è un leader naturale degli europei più conservatori, che non perdonano a Emmanuel Macron di essersi opposto al suo volere e ai crimini di cui è complice in Siria.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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