Rime (Dante)/C - Io son venuto al punto de la rota

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C - Io son venuto al punto de la rota

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Dante Alighieri - Rime (XIII secolo)
C - Io son venuto al punto de la rota
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Rime per la donna pietra

 
Io son venuto al punto de la rota
che l’orizzonte, quando il sol si corca,
ci partorisce il geminato cielo,
e la stella d’amor ci sta remota
5per lo raggio lucente che la ’nforca
sì di traverso, che le si fa velo;
e quel pianeta che conforta il gelo
si mostra tutto a noi per lo grand’arco
nel qual ciascun di sette fa poca ombra:
10e però non disgombra
un sol penser d’amore, ond’io son carco,
la mente mia, ch’è più dura che petra
in tener forte imagine di petra.

Levasi de la rena d’Etiopia
15lo vento peregrin che l’aere turba,
per la spera del sol ch’ora la scalda;
e passa il mare, onde conduce copia
di nebbia tal, che, s’altro non la sturba,
questo emisperio chiude tutto e salda;
20e poi si solve, e cade in bianca falda
di fredda neve ed in noiosa pioggia,
onde l’aere s’attrista tutto e piagne:
e Amor, che sue ragne
ritira in alto pel vento che poggia,
25non m’abbandona; sì è bella donna
questa crudel che m’è data per donna.

Fuggito è ogne augel che ’l caldo segue
del paese d’Europa, che non perde
le sette stelle gelide unquemai;
30e li altri han posto a le lor voci triegue
per non sonarle infino al tempo verde,
se ciò non fosse per cagion di guai;
e tutti li animali che son gai
di lor natura, son d’amor disciolti,
35però che ’l freddo lor spirito ammorta:
e ’l mio più d’amor porta;
ché li dolzi pensier non mi son tolti
né mi son dati per volta di tempo,
ma donna li mi dà c’ha picciol tempo.

40Passato hanno lor termine le fronde
che trasse fuor la vertù d’Ariete
per adornare il mondo, e morta è l’erba;
ramo di foglia verde a noi s’asconde
se non se in lauro, in pino o in abete
45o in alcun che sua verdura serba;
e tanto è la stagion forte ed acerba,
c’ha morti li fioretti per le piagge,
li quai non poten tollerare la brina:
e la crudele spina
50però Amor di cor non la mi tragge;
per ch’io son fermo di portarla sempre
ch’io sarò in vita, s’io vivesse sempre.

Versan le vene le fummifere acque
per li vapor che la terra ha nel ventre,
55che d’abisso li tira suso in alto;
onde cammino al bel giorno mi piacque
che ora è fatto rivo, e sarà mentre
che durerà del verno il grande assalto;
la terra fa un suol che par di smalto,
60e l’acqua morta si converte in vetro
per la freddura che di fuor la serra:
e io de la mia guerra
non son però tornato un passo a retro,
né vo’ tornar; ché se ’l martiro è dolce,
65la morte de’ passare ogni altro dolce.

Canzone, or che sarà di me ne l’altro
dolce tempo novello, quando piove
amore in terra da tutti li cieli,
quando per questi geli
70amore è solo in me, e non altrove?
Saranne quello ch’è d’un uom di marmo,
se in pargoletta fia per core un marmo.