24 agosto 2018 10:15

“Preferisco vedere mio figlio morto in un incidente piuttosto che con un baffuto”. Pronunciata nel 2011, questa frase omofoba dell’ex militare Jair Bolsonaro è solo una tra le tante del candidato del Partito social-liberale (Psl) alle presidenziali previste per ottobre. Bolsonaro nei sondaggi si piazza subito dopo l’ex presidente Lula (la cui candidatura rimane a rischio) ed è conosciuto per i suoi commenti razzisti, omofobi o sessisti, oltre che per l’apologia della tortura e della dittatura militare (1964-1985) che secondo lui ha “torturato ma non ucciso abbastanza”.

A lungo considerato un personaggio folcloristico, in trent’anni di carriera parlamentare è riuscito a far votare solo due progetti di legge dal congresso nazionale (il parlamento). Ma di recente è diventato una figura centrale della vita politica brasiliana, mentre i sondaggi sembrano confermare un andamento positivo: è passato dal 5 per cento delle intenzioni di voto nel 2016 a quasi il 20 per cento a meno di tre mesi dalle elezioni.

Adorato dai suoi potenziali elettori, che lo accolgono in folle compatte al grido di “mito”, è tra i pochi personaggi pubblici a risvegliare simili passioni in un Brasile poco incline a infiammarsi di passioni politiche. I suoi avversari hanno peraltro ribattezzato i simpatizzanti “bolsominion”, un riferimento ai minion, i pupazzi gialli e blu che seguono ciecamente il protagonista di Cattivissimo me. Ma il loro profilo è più complesso di quanto appaia.

Appena pochi anni fa, in un Brasile in pieno boom, nessuno avrebbe scommesso sulla sua candidatura. Tuttavia dopo la crisi economica, un immenso scandalo di corruzione che coinvolge tutti i partiti politici, la messa in stato d’accusa più che discutibile della ex presidente Dilma Rousseff e l’arresto del suo predecessore, Luíz Inacio Lula Da Silva, il paese è traumatizzato.

Le nuove destre ultraconservatrici hanno approfittato della situazione, facendo leva sull’opposizione al Partito del lavoratori (Pt) di Lula e sull’idea che tutti i politici siano corrotti, sostenute in questo da mezzi d’informazione carichi di retorica più che di notizie accurate. Il congresso, mosso dagli interessi personali di parlamentari senza ideologia, si è messo in ridicolo, e gli abusi di un potere giudiziario diviso hanno fatto a pezzi le speranze dei brasiliani in un futuro migliore.

Inoltre, in un paese che conta sessantamila omicidi all’anno, la questione della sicurezza, ampiamente trascurata dai governi del Pt, ha “spianato un’autostrada per i politici dilettanti e sostenitori di soluzioni semplicistiche e inefficaci ma che, per una popolazione disperata, hanno l’aria di rimedi miracolosi”, spiega Esther Solano, docente presso l’Università di São Paulo (Usp) e autrice di uno studio sull’elettorato di Bolsonaro pubblicato nel maggio 2018.

Retorica estrema e senza filtri
Il candidato ha messo la questione della sicurezza al centro della campagna elettorale, auspicando in particolare di “dare carta bianca ai poliziotti affinché possano uccidere” e di facilitare l’acquisto di armi “per i bravi cittadini”. Con la sua retorica estrema e senza filtri, ha saputo intercettare le paure di una popolazione che si sente abbandonata dallo stato. Secondo i suoi elettori, come per una buona parte della popolazione, stando ad alcuni sondaggi, “l’unico criminale buono è quello morto”. E chi non è d’accordo “difende i criminali”. Per rimettere ordine, ai loro occhi l’unica soluzione sarebbe un governo autoritario.

Anche se Jair Bolsonaro, ex militare non particolarmente brillante, in passato ha difeso la dittatura, oggi giura di non essere più favorevole a un colpo di stato: “Se un militare vorrà arrivare al potere, lo farà tramite il voto”, ha affermato di recente. E la sua ambiguità al riguardo piace agli elettori. Kledson, 25 anni, abitante della periferia di Recife (nordest del paese) lo dice chiaramente: “I militari devono prendere il potere: per farla finita con i criminali una volta per tutte. Mi parlano dei diritti umani ma, a causa dei criminali, non posso più circolare liberamente!”.

I giovani che non hanno conosciuto la dittatura vedono in Bolsonaro il rappresentante di una controcultura seducente

In un paese che non ha mai processato i crimini della dittatura, la nostalgia di quell’epoca è ormai un fatto visibile e rivendicato: il 17 per cento dei brasiliani è a favore di un intervento militare, “in alcune circostanze”. I sostenitori accarezzano l’immagine di un passato in cui la dittatura era senza corruzione. “Potremo mettere in prigione tutti i corrotti e ripartire con una democrazia più sana”, prosegue Kledson.

Nonostante le sue posizioni conservatrici, Bolsonaro ha un grande successo tra i giovani. Al contrario dei governi di sinistra sotto i quali sono cresciuti, i giovani che non hanno conosciuto la dittatura vedono in Bolsonaro il rappresentante di una controcultura seducente. Nel suo studio Esther Solano cita uno di loro che, dopo la proiezione di un filmato con le frasi più scioccanti del candidato, ha dichiarato ridendo: “Bolsomito è divertente e in gamba, non come gli altri politici. Dice quello che vuole e se ne sbatte di quello che pensano gli altri”.

Divario digitale e di comunicazione
La sua strategia di comunicazione è molto efficace tra buona parte della gioventù: usa quasi solo i social network, e ricorre abbondantemente a meme e a filmati per Facebook e YouTube. Il recente aumento dell’accesso a internet è uno dei fattori essenziali della sua crescita, innanzitutto tra i giovani più ricchi (che rappresentano una maggioranza dei suoi elettori) ma anche presso una parte dei giovani di periferia delle grandi città, le prime vittime della violenza: l’85 per cento di chi ha meno di 25 anni ha accesso a internet, contro il 25 per cento degli ultrasessantenni.

“Tra i più poveri e i più anziani, le principali vittime del divario digitale, è quasi sconosciuto”, sottolinea Esther Solano. In Brasile solo il 64,7 della popolazione ha accesso a internet. I suoi sostenitori sono più numerosi nel sud del paese, laddove l’accesso a internet è migliore.

Anche se il suo elettorato è piuttosto ricco e istruito, è anche il suo modo di parlare diretto, infarcito di modi di dire popolari, a garantire il suo successo. Solano sottolinea peraltro un paradosso: “prossimità” e “onestà” erano anche le due virtù promosse dai sostenitori di Lula. “Gli elettori si affezionano più alle singole personalità che a partiti dall’ideologia poco chiara”, precisa Solano, anche se, secondo lei, gli elettori di Lula non voteranno in massa per il candidato di estrema destra.

Per attirare degli elettori infastiditi dalle vittorie dei progressisti del Pt, l’estrema destra non esita a ricorrere a menzogne pure e semplici: sui social network di Bolsonaro circolano voci su una lobby di sinistra e lgbt a favore della pedofilia e sulla presunta propaganda comunista a scuola: “Non voglio che mio figlio sia indottrinato a scuola, che mi diventi di sinistra e fumatore di canne. E questa storia della pedofilia, bisogna prenderla sul serio, no? Siamo in piena crisi morale”, afferma un uomo interpellato nello studio di Solano.

“Ma al contrario degli altri gruppi di estrema destra nel mondo, pochissimi tra loro si definirebbero razzisti”, sottolinea Solano. Il Brasile fa in generale fatica ad ammettere il proprio razzismo, ma i suoi elettori non sono scioccati dalle sue uscite omofobe o machiste. Alcuni sono totalmente d’accordo mentre, per altri, si tratta solo di questioni marginali che non vanno prese sul serio. Quando Bolsonaro ha detto a una deputata, in piena sessione del congresso, “non ti stuprerei perché non te lo meriti”, i suoi elettori hanno preferito dire che sia stata la donna ad averlo provocato.

Il suo elettorato femminile, una quota minoritaria secondo gli studi pubblicati in questi ultimi mesi, è relativamente aperto a certi temi, precisa lo studio di Solano: il 51,6 per cento delle donne interrogate pensa che l’aborto dovrebbe essere legale e appena il 4,1 per cento ritiene che le donne debbano restare a casa. Ma non sostengono quelle che definiscono “femminaziste”, e che giudicano troppo estremiste. “Alcuni possono ammettere che le minoranze siano vittime di discriminazioni. Ma quella che per i progressisti è una lotta per i diritti, per i sostenitori di Bolsonaro è l’azione di gruppi che cercano di ottenere dei privilegi”, spiega Solano.

Influenzati dal mito liberista della meritocrazia, i sostenitori di Bolsonaro esaltano all’estremo il successo individuale

E questo paradosso si ripete presso tutti i membri delle minoranze (lgbt, indigeni, neri e così via) che lo sostengono nonostante le sue dichiarazioni offensive.

Con i suoi commenti virulenti sulle comunità indigene o sui quilombolas (i neri discendenti degli schiavi fuggiti dai loro aguzzini), il candidato spera al contempo di attirare l’ala più dura dei ricchi e influenti capi d’azienda del settore agroalimentare, che desiderano sfruttare le loro terre e considerano questi gruppi come degli ostacoli al “progresso”.

Influenzati dal mito liberista della meritocrazia, i sostenitori di Bolsonaro esaltano all’estremo il successo individuale. In un mondo in cui il self-made man è l’ideale assoluto, le politiche di discriminazione positiva, attuate per permettere ai neri di accedere alle università, sono considerate un’ingiustizia che rischia di alimentare il “razzismo dei bianchi che si sentono danneggiati”.

Alcuni elettori che hanno ottenuto i sussidi pubblici per migliorare la loro condizione sociale ritengono ormai che questi “incoraggino la pigrizia” o “servano al Pt per controllare il voto dei poveri”. Bolsonaro spera che questa retorica che valorizza il successo tramite il lavoro e gli sforzi individuali seduca gli evangelici (il 27 per cento dell’elettorato brasiliano), conservatori e influenzati dall’“etica del lavoro protestante” cara a Max Weber. Ma “gli evangelici sono un elettorato molto diviso e molto conteso, quindi niente garantisce che sarà in grado di attirarne una maggioranza”, assicura Esther Solano.

Un uomo manipolabile
La sua recente svolta liberista sembra in ogni caso aver convinto alcuni investitori, come la potentissima Confederazione nazionale dell’industria (Cni). Anche se ha confessato di non sapere niente d’economia, Bolsonaro è stato ampiamente applaudito da un pubblico di imprenditori nel corso di un evento organizzato dall’associazione lo scorso luglio. Secondo Esther Solano, al di là della morale conservatrice di alcuni capi d’azienda, “Bolsonaro è percepito come un uomo politico manipolabile”.

Inoltre, i suoi sostenitori si sentono esasperati da una presunta “dittatura del politicamente corretto” e dunque ritengono giusto che il loro candidato esprima semplicemente la sua libertà d’espressione. Bolsonaro sfrutta molto questo sentimento antipolitico. Presentandosi come un uomo fuori degli schemi (nonostante sieda in parlamento da quasi trent’anni) che lotta contro il “sistema”, si rende impermeabile alle critiche dei “benpensanti”, “dei sinistrorsi” o dei mezzi d’informazione.

Kledson, l’abitante di Recife che voterà per Bolsonaro, rifiuta infatti categoricamente le varie accuse a suo carico di corruzione o di clientelismo emerse quest’anno. “I giornali lo attaccano perché disturba. È l’unico che non partecipa ai traffici sporchi”.

Nella strategia politica del candidato è fondamentale tramettere un senso di persecuzione condiviso dai suoi elettori, che si sentono altrettanto minacciati. Nello studio preferiscono restare anonimi e uno di loro si giustifica affermando: “Non possiamo dire niente senza che quelli di sinistra ci definiscano fascisti”. Dunque, anche se la comunità di sostenitori è compatta, fatica a crescere al di fuori della sua base.

Le sue idee e la sua retorica, invece, sono penetrate in diversi segmenti della popolazione e il diffondersi di una politica autoritaria di estrema destra rappresenta un vero rischio, afferma Esther Solano: “I progressisti hanno disprezzato a lungo i sostenitori di Bolsonaro. Quando non capisci, fai delle caricature, ma la cosa non ti permette di controbattere alla efficace retorica. Lo hanno preso per un pagliaccio. Oggi le cose stanno cambiando, ma forse è già troppo tardi”.

Questo articolo è uscito sul giornale online Mediapart. Traduzione di Federico Ferrone.

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