28 novembre 2017 13:25

Storicamente, le persone alle quali piace considerarsi intellettuali hanno sempre irriso alle masse che sprecano le giornate dedicandosi a “divertimenti sciocchi”. La definizione di “sciocchi” continua però a cambiare: fino a non molto tempo fa, era considerato frivolo leggere romanzi; poi il loro posto è stato preso dalla televisione, e i romanzi sono diventati da intellettuali.

Per anni mi sono detto che ero diverso dalle persone comuni che guardavano in media quattro ore di televisione al giorno (la mia media si avvicina di più ai 15 minuti), perché facevo qualcosa di molto più intelligente: navigavo su internet. Ma ultimamente, soprattutto grazie ai social network, è diventato impossibile ignorare che anche questa è un’attività fatua.

Quindi adesso, nei giorni in cui mi impongo di essere più disciplinato, sto alla larga dai social e mi sento leggermente superiore. E che cosa faccio invece, dato che sono troppo intelligente per perdere tempo dietro alle sciocchezze? Ascolto i podcast.

L’importanza del silenzio
Perciò, naturalmente, sono rimasto colpito da un articolo di Sirena Bergman apparso sulla rivista newyorchese The Cut. “Ascolto 35 ore di podcast alla settimana. È sbagliato?”. E la sua conclusione è: in parte sì. Il cervello ha bisogno di silenzio e il problema dell’audio – come quello di internet sul cellulare – è che non sostituisce semplicemente altre forme di intrattenimento, ma va a riempire quei vuoti (durante gli spostamenti, i lavori di casa, l’esercizio fisico) che prima forse usavamo per restare soli con i nostri pensieri.

Per distrarci, qualcosa non deve necessariamente essere una sciocchezza

I podcast migliorano immensamente la mia vita quotidiana e non ho nessuna intenzione di rinunciarci, ma Bergman attira l’attenzione su una verità importante a proposito dei contenuti che consumiamo incessantemente. È possibile diventare dipendenti da cose che sembrano edificanti e intelligenti quanto dalle sciocchezze. Anzi, per un certo tipo di persone è perfino più facile. Sappiamo che è una distrazione cercare compulsivamente gli aggiornamenti sui reality show, ma ci rimane più difficile pensare che le notizie politiche, o gli affascinanti racconti dalle frontiere della scienza, possono svolgere la stessa funzione.

Il punto è che, per distrarci, qualcosa non deve necessariamente essere una sciocchezza. Quello che conta è il ruolo che svolge nella nostra vita. Se ci aiuta a non pensare o a rimandare un compito importante che ci spaventa o a evitare di porci domande imbarazzanti su come passiamo il nostro tempo, è un problema, di qualunque cosa si tratti.

Allo stesso modo un lavoro che appare produttivo può essere una distrazione, se non è il lavoro che conta. Anche attività profondamente significative possono contribuire a distrarci. Questa è la logica alla base di un consiglio attribuito all’investitore Warren Buffett: prima scrivi quali sono i tuoi 25 obiettivi principali nella vita, poi individua i cinque più importanti, concentrati su questi ed evita gli altri 20 come la peste, perché sono quelli che rischiano di distrarti di più, proprio perché contano, ma non sono le tue priorità.

Da questo punto di vista, il pericolo principale non sono i “divertimenti sciocchi”. Sì, certo, è uno spreco di tempo guardare quattro ore di televisione al giorno. Ma proprio perché è così ovvio è difficile farlo per caso. È quando ci accorgiamo che siamo orgogliosi di essere immuni da questo tipo di cose che dobbiamo veramente cominciare a preoccuparci.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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