13 novembre 2017 14:25

In teoria questa guerra di parole non dovrebbe diventare una guerra di proiettili. La maggior parte dei diplomatici e specialisti di Medio Oriente sottolinea che a rigor di logica l’Arabia Saudita non dovrebbe spingersi fino a uno scontro militare con l’Iran, perché i suoi soldati non hanno mai veramente combattuto e perché il principe ereditario Mohammad bin Salman ha già il suo bel da fare a Riyadh per consolidare il suo potere.

Tutto vero, ma esiste un’altra logica di cui tenere conto: se l’Iran non sarà respinto adesso verso le sue frontiere, l’Arabia Saudita uscirà sconfitta dalla guerra di influenza che oppone i due paesi in tutta la regione ormai da quarant’anni.

È per questo che il principe ereditario saudita ha alzato i toni contro gli iraniani e ha dato il via a un braccio di ferro con Teheran in Libano, destabilizzando la situazione.

Il messaggio di Hariri
Il 19 novembre la Lega araba si riunirà “d’urgenza” su richiesta di Riyadh. Un memorandum preparato dall’Arabia Saudita spiega che “le violazioni commesse dall’Iran nella regione araba mettono a rischio la sicurezza e la pace”. Riyadh vorrebbe mobilitare il mondo arabo contro Teheran, e l’obiettivo dei sauditi ha cominciato a manifestarsi nella prima intervista concessa dal primo ministro libanese Saad Hariri da quando si è dimesso, otto giorni fa, su richiesta dei leader sauditi.

Hariri, sunnita proveniente da una ricchissima famiglia libanese-saudita, ha spiegato che non tornerà sulla sua decisione di dimettersi fino a quando il Libano non si “dissocerà dai conflitti regionali”. Insomma, attraverso Hariri i sauditi chiedono che Hezbollah, l’organizzazione politico-militare degli sciiti libanesi creata e finanziata dall’Iran, richiami le sue truppe dalla Siria, dove sono fondamentali per la sopravvivenza di Bashar al Assad, altro alleato di Teheran. Se non accadrà, insinua Hariri, i paesi arabi che si riuniranno domenica prossima potrebbero imporre sanzioni finanziarie contro il Libano e riconsiderare lo status dei circa 400mila libanesi che lavorano nel Golfo.

A complicare ulteriormente le cose ci hanno pensato gli houthi, gli sciiti yemeniti che si sono ribellati contro la maggioranza sunnita con il sostegno dell’Iran e sono combattuti dall’Arabia Saudita. Gli houthi hanno fatto sapere che se il blocco dei porti dello Yemen imposto dalle monarchie del Golfo non sarà cancellato, i palazzi in Arabia Saudita e nei paesi alleati di Riyadh saranno colpiti dai loro missili. A quel punto la guerra arriverebbe sulla rotta di Suez. Inutile dire che i missili in questione sono iraniani.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it