13 ottobre 2017 11:30

Il dado sembra ormai tratto. Dopo aver ripetuto giovedì che si tratta del “peggior accordo possibile”, Donald Trump dovrebbe annunciare, contro il parere della sua squadra, che non “certifica” il rispetto da parte di Teheran del compromesso nucleare raggiunto dalle grandi potenze nel 2015.

Per il presidente americano questa certificazione è un obbligo legale da ripetere ogni tre mesi. Trump l’aveva già fatto due volte, ma ormai ha deciso di passare all’attacco contro l’Iran opponendosi all’avanzata regionale di Teheran.

In Siria come in Iraq, dallo Yemen alla Libia, l’avanzata iraniana non ha nulla di inventato. Al contrario è un fatto assodato e una delle principali cause di destabilizzazione del Medio Oriente. Ma Trump confonde due aspetti, legati ma differenti: la marcia dell’Iran verso la bomba e la sua ambizione di imporsi come prima potenza regionale a spese dell’Arabia Saudita e degli altri paesi sunniti.

Se gli Stati Uniti faranno davvero saltare l’accordo, l’Iran costruirebbe la bomba atomica, seguito a ruota dall’Arabia Saudita e dalla Turchia

In questo senso è ancora più evidente il merito del compromesso raggiunto nel 2015 e con cui l’Iran è stato limitato al nucleare civile in cambio della cancellazione delle sanzioni economiche che lo colpivano. Se gli Stati Uniti faranno davvero saltare l’accordo, l’Iran costruirebbe la bomba atomica, seguito a ruota dall’Arabia Saudita e dalla Turchia.

Contando Israele, avremmo quattro potenze nucleari in un Medio Oriente dove ognuno combatte già l’altro. Americani ed europei si ritroverebbero alle prese con il dilemma a cui erano sfuggiti grazie al compromesso del 2015: bombardare le strutture nucleari iraniane o permettere all’Iran di trascinare l’intero Medio Oriente in una corsa all’atomica.

La svolta che pare ormai prossima ha le tinte di un incubo, tanto che Francia, Regno Unito e Germania, i tre firmatari europei dell’accordo raggiunto con Teheran, si preparano a difenderlo e chiedere al congresso di non seguire la Casa Bianca ristabilendo le sanzioni contro l’Iran.

Venerdì pomeriggio comincerà una durissima battaglia diplomatica e politica che opporrà Donald Trump a europei, russi e cinesi. Contemporaneamente, fatto altrettanto grave, il presidente iraniano Hassan Rohani, artigiano del compromesso sul nucleare, si ritroverà sotto il fuoco di fila dell’ala più dura del regime, quei Guardiani della rivoluzione contro cui la Casa Bianca potrebbe annunciare sanzioni specifiche.

Non siamo davanti all’apocalisse, ma non si capisce come questa decisione dovrebbe frenare l’avanzata regionale dell’Iran e soprattuto non è chiaro verso cosa Trump stia trascinando il mondo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it