16 maggio 2017 16:10

Se tutto andrà come previsto, entro il 2018 l’organizzazione sudafricana Medo manderà in orbita il primo satellite privato africano. Per la costruzione della strumentazione elettronica è stato coinvolto un gruppo di ragazze di un liceo di Città del Capo che hanno partecipato a un programma governativo (Stem) per incoraggiare le giovani a intraprendere gli studi scientifici. Una volta in orbita, il satellite servirà a raccogliere informazioni utili all’agricoltura.

Il Sudafrica, a lungo la prima economia africana, è il paese che ha investito di più sui progetti legati allo spazio. Nel 1999 fu il primo paese africano a lanciare un satellite. Nel 2002 l’imprenditore bianco Mark Shuttleworth fu il primo africano a salire su una navicella spaziale, anche se solo come turista. Nel 201o fu fondata l’agenzia spaziale nazionale (Sansa). Nel 2012 il Sudafrica fu scelto per ospitare lo Ska, il radiotelescopio più grande del mondo, per il quale saranno montate nel silenzioso deserto del Karoo migliaia di antenne e parabole pronte a captare segnali dallo spazio. Intanto l’ex dj Mandla Maseko si prepara a diventare il primo astronauta africano nero, dopo aver partecipato a un corso d’addestramento sponsorizzato da una nota marca di deodoranti maschili.

La febbre dello spazio contagia anche altri paesi. La Nigeria, che ha un programma spaziale tutto suo, tra il 2003 e il 2011 ha lanciato cinque satelliti, controllati da una stazione terrestre nel centro di Abuja. Poco più di un anno fa il ministro Ogbonnaya Onu ha promesso di mandare un astronauta nigeriano nello spazio entro il 2030.

Anche Angola, Egitto e altri paesi hanno i loro satelliti, e il Ghana è recentemente riuscito a convertire una vecchia parabola per le telecomunicazioni in un radiotelescopio. Pochi mesi fa l’Etiopia ha annunciato di voler mandare un satellite in orbita entro cinque anni e ha inaugurato un osservatorio astronomico sulle colline che sovrastano la capitale Addis Abeba. Il progetto, costato vari milioni di dollari, serve a migliorare la raccolta di dati meteorologici. “Ci prendono per pazzi”, ha dichiarato un astronomo etiope al Guardian. “Ma non vedono il quadro completo”. In un paese periodicamente alle prese con la crisi alimentare, un progetto così costoso può sembrare un’assurdità, ma non è così.

Preoccupazioni concrete
Se in passato le ambizioni spaziali degli africani sono state associate ai capricci di dittatori come il congolese Mobutu Sese Seko e ai bizzarri addestramenti degli aspiranti astronauti zambiani (che hanno ispirato la fotografa spagnola Cristina de Middel), oggi le ricerche in questo campo non hanno nulla di velleitario. Anzi sono funzionali allo sviluppo dei paesi.

Come spiega in un articolo su Jeune Afrique l’ingegnere della Nasa Ousmane Nasr Diallo, originario della Costa d’Avorio, i dati raccolti dai satelliti possono aiutare a prevedere i cambiamenti meteorologici, come le inondazioni o le siccità ricorrenti, in un modo utile all’agricoltura; a sorvegliare le frontiere e i movimenti di gruppi armati come Boko haram in Nigeria; a fare telefonate e navigare su internet a costi contenuti, senza dipendere dalle connessioni che passano per i satelliti europei. È quindi per preoccupazioni molto terrene che i governi africani rivolgono gli occhi al cielo.

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