07 novembre 2016 15:43

“Siamo a metà del guado, forse anche oltre, ma se vogliamo uscirne, dobbiamo prendere delle decisioni difficili”. Sono parole del presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. Di fronte all’aggravarsi della crisi economica, il governo ha dovuto prendere alcune decisioni difficili, come introdurre un’imposta sul valore aggiunto (iva) per rimpinguare le sue finanze. Ora sono attesi tagli ai generosi sussidi pubblici. E il 3 novembre ha preso la decisione più difficile, accettando di svalutare la lira egiziana.

Per mesi il tasso di cambio ufficiale è rimasto stabile a 8,88 lire per un dollaro americano, mentre i cambiavalute del mercato nero vendevano il biglietto verde con rincari che arrivavano al 100 per cento. A marzo una svalutazione fin troppo prudente aveva permesso un sollievo solo temporaneo. Stavolta il governo si è spinto oltre, permettendo alla lire di scendere a un valore di circa tredici a uno rispetto al dollaro. Il tasso esatto sarà determinato dalla domanda, dopo che la banca centrale avrà effettuato un’asta pubblica di dollari. “Si tratta di un valore più realistico, inferiore alla media a lungo termine e basato su tassi di cambio reali”, spiega Simon Kitchen di Efg Hermes, una banca d’investimenti con sede al Cairo. La banca centrale ha anche alzato i tassi d’interesse di riferimento di trecento punti base.

Procedere in modo ordinato
Questa svalutazione era inevitabile, se non altro perché richiesta dal Fondo monetario internazionale (Fmi), che è in attesa di approvare un prestito da dodici miliardi di dollari su tre anni. Con un deficit di bilancio che quest’anno probabilmente eccederà l’11 per cento, il governo ha un disperato bisogno di fondi. Le riserve estere sono scese di quasi la metà del valore dopo la rivoluzione del 2011, che ha allontanato i turisti e gli investitori esteri, due grosse fonti di valuta forte.

La recente sospensione delle consegne di petrolio a basso costo dall’Arabia Saudita, e la promessa del governo di spendere 1,8 miliardi per alleviare la penuria di cibo hanno aggravato il problema. Tuttavia i finanziamenti per la banca centrale ottenuti dai paesi del Golfo (compresa l’Arabia Saudita) e un accordo con la Cina a scambiarsi flussi di pagamento periodici in due diverse valute (currency swap) hanno convinto i funzionari egiziani che era ormai possibile svalutare in modo ordinato.

I funzionari temono che una lira più debole possa far salire un’inflazione già alta

La carenza di dollari aveva creato grossi problemi alle aziende. Alcune non erano più in grado di comprare prodotti d’importazione fondamentali, mentre altre hanno dovuto fermare la produzione a causa delle perdite crescenti dovute a tassi di cambio sfavorevoli. Al fine di mantenere i dollari nel paese, il governo ha istituito dei controlli di capitale e ha vietato l’importazione di alcuni prodotti di lusso. Ha anche chiesto ai fornitori d’energia stranieri più tempo per poter saldare le fatture. La svalutazione ha già rialzato il morale di molte aziende.

Ma l’umore nel resto del paese non è positivo. I funzionari temono che una lira più debole possa far salire un’inflazione già alta. I prezzi del cibo si sono impennati, visto che l’Egitto deve importare molti beni essenziali. In ottobre il governo ha effettuato perquisizioni in tante aziende alimentari accusate di aver accumulato cibo, sequestrando centinaia di tonnellate di riso e zucchero, che sta attualmente vendendo a prezzi scontati. La situazione ha toccato punte surreali quando un uomo, al Cairo, è stato arrestato perché trasportava dieci chili di zucchero, un quantitativo ritenuto eccessivo rispetto a quello necessario per uso personale.

Fiducia raffreddata
Molti prezzi, influenzati dal mercato nero, riflettono già il tasso più elevato, secondo l’Fmi, che minimizza i rischi legati alla svalutazione. Ma il governo esita a infliggere ulteriori disagi agli egiziani, già scontenti per l’introduzione dell’iva e l’aumento dei costi dell’elettricità. La disillusione nei confronti delle autorità sta crescendo. A ottobre il filmato di un autista di risciò che si lamentava in maniera colorita della situazione economica è diventato virale. Lo stesso Al Sisi è stato deriso per aver implorato gli egiziani di adattarsi alla situazione, sostenendo di aver vissuto per decenni con un frigorifero contenente al suo interno solo dell’acqua. A quanto pare alcune proteste contro le difficili condizioni economiche sono previste per l’11 novembre.

Il governo ha cercato di calmare la popolazione fissando i prezzi, sequestrando beni e impadronendosi d’interi settori dell’economia. Questo ha raffreddato la fiducia di alcuni investitori stranieri. Una politica fiscale e monetaria più responsabile dovrebbe dissolvere in parte queste preoccupazioni. Ma è possibile che i risultati, per qualche tempo, infiammino ulteriormente gli animi della popolazione. Il governo si trova quindi in una posizione difficile. Liberare le aziende dalle eccessive costrizioni che le limitano, rendendo i programmi di welfare più efficaci, potrebbe aiutare le cose. Ma queste riforme dovranno andare avanti anche dopo che l’Fmi avrà fornito il suo contributo in denaro.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale britannico The Economist.

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