04 maggio 2016 12:02

Sono appena stata a Laugharne, quella che il poeta gallese Dylan Thomas ha definito “la città più strana del Galles”, e lui poteva dirlo perché ci ha vissuto. Il Laugharne weekend, festival di musica, letture e poesia che si svolge ogni anno, è un istigatore di chiacchiere e bevute fino a tarda notte, un faro di caos in un mondo di festival iperorganizzati. Lo adoro.

Thomas è la principale attrazione, naturalmente. Trascorse qui buona parte dei suoi ultimi cinque anni di vita, dal 1949 al 1953, ed è qui che scrisse Non andartene docile in quella buona notte per suo padre che stava morendo nella serra, quella proprio di fronte alla mia stanza d’albergo. Dalla finestra vedevo la serra e le altre case georgiane che costeggiano la via, dipinte di violetto, pistacchio e verdazzurro: la vista, offuscata dalla pioggia battente, era meno stucchevole di quanto si potrebbe immaginare.

Sembrava di stare sul set di Stella street, la serie in cui un gruppo di celebrità si trasferisce a vivere in una piccola periferia: arrivando al bar, ho trovato l’attore gallese Keith Allen in tuta blu da operaio che serviva da bere dietro al bancone. Tutti gli artisti che vengono qui per esibirsi partecipano anche agli eventi degli altri, ed è un po’ come se l’intero paesino gallese si trasformasse in un grande Groucho club. Penso che Thomas avrebbe approvato. È un’occasione informale e ad alto tasso alcolico, senza campeggi a cinque stelle o street food di lusso, ma whiskey e patatine fritte. E in città c’è un’atmosfera rigorosamente anticonformista, come spesso accade nei luoghi che si trovano ai margini. Una “bolgia di magia nera in riva al mare”, la definiva Thomas. Forse dopo una notte di karaoke.

Non riesco a fare a meno di chiedermi cosa pensi di questa invasione la gente del posto

David Quantick ha condotto il quiz di beneficenza al pub. Le domande erano casuali, oscure ed esilaranti: ho identificato, trionfante, la voce di Roger Moore che intona il canto natalizio Once in royal David’s city, ma la nostra squadra è finita al secondo posto, battuta dalla parodia dei libri per bambini dell’editrice Ladybird. Nel corso della serata ho ascoltato due volte un aneddoto irripetibile su un noto romanziere, che parla di un albergo Travelodge e un cimitero, solo che la seconda volta era cambiato il nome del romanziere.

Il giorno dopo, la Millenium hall era affollata di gente venuta ad ascoltare il giornalista musicale David Hepworth. Siccome eravamo arrivati tutti a piedi sotto una pioggia battente, i nostri cappotti umidi emanavano nuvolette di vapore e nella sala c’era una gran puzza di cane bagnato. Hepworth ha parlato del 1971, il suo anno preferito e del soggetto di un nuovo libro. Nella mia testa sentivo la voce di Frank Sinatra che canta “When it was ’71, it was a very good year”.

Più tardi sono andata a piedi fino alla Boathouse, il capanno a picco sul mare dove Dylan e Caitlin vissero con i loro tre figli. Non pioveva più e il mare calmo e immobile, che arriva fin quasi alla porta di casa, lambiva vischioso la riva. La nebbia avvolgeva le colline oltre la baia, e quando mi sono voltata a guardare il paese mi è venuto in mente Brigadoon, il leggendario villaggio scozzese che appare solo un giorno ogni cento anni. Guardare dall’altra parte, verso il mare aperto, dà la sconcertante sensazione di fissare il nulla. Cosa che, immagino, può spingerti a bere un bicchiere di tanto in tanto.

Tornata in paese, il ritmo aveva accelerato e la stranezza era raddoppiata. Ho trovato una fantastica band femminile r’n’b, le Baby Queens; Brix Smith-Start che raccontava di quando ha portato Mark E. Smith a Disneyland; e poi Pete Wylie che cantava in chiesa Alone again (naturally). È partito il karaoke. Stuart Maconie ha cantato Wichita lineman e Charlotte Church Be my baby, facendomi sentire il bisogno impellente di dirle quanto è brava, nel caso che non gliel’avesse mai detto nessun altro. Ed è calata la notte su una piccola città impazzita.

Per tutto il tempo mi sono chiesta cosa pensi la gente del posto di questa invasione che si ripete per qualche giorno ogni anno. Mentre facevo la fila per comprare un pacchetto di patatine fritte, il negozio offriva ai clienti bicchieri di vino. Il ragazzo davanti a me, ignorando la cosa, aveva appena acquistato una confezione da quattro lattine di birra e ha chiesto alla commessa cosa stesse succedendo. Lei ha risposto che non ne era sicura. “Credo che ci siano dei poeti e…”, alza lo sguardo su di me, “cantanti o roba del genere. Fanno conferenze, concerti. Ma…”, e ha abbassato la voce, chinandosi verso di lui, “non vorrei dire troppo”. La capisco.

(Traduzione di Diana Corsini)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico New Statesman

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