28 settembre 2015 13:42

Nelle elezioni regionali celebrate ieri in Catalogna, gli indipendentisti di Junts pel sì (Uniti per il sì) – coalizione trasversale fra i conservatori di Convergència guidati dal presidente uscente Artur Mas e la sinistra repubblicana e indipendentista di Erc – hanno raggiunto la maggioranza relativa nel parlamento di Barcellona, con 62 seggi su 135. Se si sommano i deputati dell’altro movimento favorevole alla secessione da Madrid, la Candidatura d’unitat popular (Candidatura di unità popolare, Cup), i separatisti raggiungono la maggioranza assoluta, con 72 seggi rispetto ai 68 necessari per controllare l’assemblea. Eppure, anche insieme, tutte le forze che vorrebbero separarsi dalla Spagna hanno sfiorato il 47,7 per cento: si sono mantenuti cioè al di sotto della maggioranza assoluta dei voti.

I partiti nazionalisti e centralisti, il Partito popolare (Pp) – che governa a Madrid fino alle elezioni che si terranno al massimo all’inizio di dicembre – e Ciudadanos (C’s, divenuto seconda forza) ottengono insieme 36 seggi (26,5 per cento dei consensi).

Il fronte federalista può contare su 27 deputati (il 21,7 per cento dei voti). Si tratta del Partito socialista catalano e di Catalunya sì que es pot (espressione locale di Podemos), formazioni favorevoli a una maggiore autonomia della Catalogna, ma senza cambiare la costituzione che considera la Spagna intera un unico stato.

Quindi, coloro che ritengono necessario un cambiamento dello status quo istituzionale – secessionisti o federalisti – sono ormai il 69 per cento dell’elettorato catalano, distribuiti trasversalmente su tutto l’arco politico, a destra e a sinistra. Ma è vero anche il contrario: i catalani che vogliono rispettare la costituzione spagnola così com’è (e cioè con tutta la Spagna unita in un unico stato) sono di più, il 48,2 per cento di chi ha votato.

L’affluenza ha segnato un record per delle elezioni regionali: il 77,5 per cento di chi ne aveva il diritto è andato alle urne. Segno, secondo tutti i media spagnoli, che queste consultazioni non erano semplici regionali, ma anche un’indicazione importante sul futuro della Catalogna e del suo rapporto con Madrid.

Cosa succederà ora?

Occorre attendere l’esito delle elezioni politiche nazionali, ancora non convocate dal premier Mariano Rajoy, del Partito popolare, ma che di certo si terranno entro la prima settimana di dicembre, quando scade il mandato del governo conservatore. Solo allora, si saprà chi sarà la controparte di Barcellona a Madrid nella trattativa sullo stato giuridico della Catalogna.

Intanto, gli indipendentisti catalani che hanno vinto ieri dovranno scegliere il presidente regionale, non necessariamente sarà Mas, che dopo due mandati ha perso comunque dei deputati.

Il nuovo presidente potrebbe far votare al parlamento regionale la cosiddetta Dui (dichiarazione unilaterale di indipendenza). Ma la stessa Cup, che è necessaria per arrivare la maggioranza assoluta in assemblea, riteneva necessario superare il 50 per cento anche dei voti oltre che dei seggi.

Per com’è oggi la costituzione spagnola, l’indipendenza di una regione è illegale. Anche l’Unione europea ha fatto sapere che la secessione di uno stato dentro un altro stato membro comporterebbe l’uscita del nuovo stato dall’Unione e l’inizio di una negoziazione per rientrare. A breve termine, di qui al voto di dicembre, la questione si limiterebbe probabilmente a una guerra di ricorsi alla corte costituzionale.

La posizione oltranzista, poi, rischia di favorire alle elezioni politiche la destra conservatrice e nazionalista. Più probabile appare quindi un atteggiamento attendista, che costringa le forze più progressiste a livello nazionale (socialisti e Podemos) a prendere apertamente posizione a favore di una soluzione di tipo federalista (soprattutto in materia economica) alla quale il governo di Barcellona potrebbe dare il proprio assenso senza strappare con Madrid e senza perdere troppi consensi tra i catalani.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it