25 marzo 2015 08:52

A sud dell’Arabia Saudita, affacciato sul corno d’Africa e sullo stretto di Bab el Mandeb (uno dei principali corridoi marittimi del mondo in quanto conduce al mar Rosso e al canale di Suez), lo Yemen è sprofondato in una guerra civile che oppone indirettamente l’Iran e l’Arabia Saudita.

Il conflitto affonda le sue radici nella primavera araba del 2011, nella caduta di un dittatore al potere da 37 anni, nella sua sostituzione con il sunnita Abd Rabbo Mansur Hadi (uomo vicino agli Stati Uniti e all’Arabia Saudita) e nell’offensiva lanciata contro di lui dagli houthi, minoranza sciita del paese.

Dopo aver cacciato Hadi dalla capitale Sanaa, gli houthi e le loro milizie marciano verso Aden, rifugio del presidente. Al momento, sembrano sul punto di assumere il controllo del paese con l’appoggio dell’Iran, e salvo un compromesso dell’ultima ora è probabile che l’Arabia Saudita, potenza tutelare dei sunniti, possa intervenire nel conflitto cedendo alle richieste delle autorità yemenite.
Questo significa che le due potenze di riferimento di sunniti e sciiti potrebbero ritrovarsi per la prima volta faccia a faccia, e quest’eventualità è sufficiente a far capire la portata del caos mediorientale. Ovunque nella regione (e soprattutto in Iraq e Siria) assistiamo infatti a uno scontro tra le due grandi correnti dell’islam, guidate rispettivamente dall’Arabia Saudita sunnita e dall’Iran sciita.

In Medio Oriente i sunniti sono largamente in maggioranza, ma questo rapporto di forze non dice tutto. Oltre al fatto che gli sciiti sono in maggioranza in Iraq e gli alauiti al potere in Siria fanno parte dello sciismo, attualmente gli sciiti sono la forza in ascesa della regione, per tre motivi.

Il primo è che sono sostenuti ovunque dallo stato più moderno della regione, quell’Iran che ha il livello culturale più elevato del Medio Oriente insieme alla Turchia e a Israele, che ha le forze armate più potenti e dove le donne esercitano un’influenza sempre maggiore sotto il velo imposto dalla teocrazia al potere.

La seconda ragione dell’ascesa degli sciiti è che aspettano da un millennio la loro rivincita nei confronti dei sunniti, mentre la terza è che il mondo sunnita è ormai in declino, diviso tra i jihadisti dello Stato islamico, i Fratelli musulmani (islamici ma non jihadisti) e una serie di regimi fragili, guidati da una monarchia costretta a trattare continuamente con religiosi reazionari ma fondamentali per la conservazione del suo potere.

Indispensabile da tempo in Libano, l’Iran lo è ora anche in Siria, in Iraq e nello Yemen. Se questo mese Teheran riuscirà a raggiungere un compromesso sul nucleare, le sanzioni che strangolano la sua economia saranno cancellate e la sua potenza ne uscirà decuplicata. È per questo che gli Stati Uniti scommettono sull’Iran per stabilizzare il Medio Oriente, ed è per lo stesso motivo che la Francia, il Regno Unito, Israele e i paesi sunniti osservano con timore la sua ascesa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it