12 febbraio 2014 12:09

L’11 febbraio per il settimo giorno consecutivo si sono radunati dei manifestanti davanti al palazzo del governo a Sarajevo, in Bosnia Erzegovina.

Chiedono le dimissioni del primo ministro Nermin Niksic e le elezioni anticipate. Niksic rifiuta di dimettersi e anticipare le elezioni sembra una possibilità remota, a causa della complessità dell’amministrazione bosniaca, imposta dagli accordi di Dayton, dopo la fine della guerra nei Balcani.

Le proteste sono cominciate il 5 febbraio a Tuzla, la terza città del paese e il principale polo industriale, dopo che 200 operai sono stati licenziati. Nella città nel giro di poco tempo quattro aziende hanno dichiarato fallimento e la disoccupazione è al 40 per cento.

Il 5 febbraio a Tuzla negli scontri tra polizia e operai ci sono stati almeno 130 feriti, molti dei quali causati dai gas lacrimogeni.

Da Tuzla le manifestazioni si sono spostate rapidamente in tutte le principali città del paese. Per la prima volta tutte le comunità della Bosnia Erzegovina, senza distinzioni etniche, hanno fatto fronte comune in una protesta, contro la classe politica e per le riforme economiche.

Dopo la fine della guerra nei Balcani molte aziende sono state privatizzate, ma una classe politica poco preparata e un alto tasso di corruzione hanno impedito all’economia del paese di decollare.

In Bosnia Erzegovina la disoccupazione è al 27 per cento: si tratta del tasso più alto di tutta l’area balcanica.

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