Un branco di babbuini gialli e urlanti si muoveva su una parete di granito a strapiombo una decina di metri più in alto rispetto a dov’ero io. Da una fessura alla mia sinistra è sfrecciata una lucertola blu iridescente. Ero a 750 metri d’altezza sul picco Chambe, una cima del monte Mulanje, nel Malawi meridionale, e una delle poche scalate su roccia del paese. Mi sembrava di essere su un altro pianeta, con tutti i sensi sovraccaricati. Alle mie spalle le nuvole basse svettavano sulle pianure verdi.

Le mie dita facevano leva con forza su un minuscolo spigolo di roccia mentre puntavo i piedi sulle piccole increspature della pietra. Su una cengia (una sporgenza pianeggiante della roccia), una trentina di metri sotto di me, il mio compagno di cordata, Matt McGeever, teneva l’altra estremità della corda di nylon blu legata alla mia imbracatura e mi lanciava grida d’incoraggiamento. Ho dovuto concentrarmi al massimo per evitare di staccarmi dalla parete e ferirmi lungo la superficie ruvida. Per fortuna i babbuini non si sono avvicinati.

Due giorni prima ero con Matt all’aeroporto Chileka, a Blantyre, la seconda città del Malawi, nell’Africa sudorientale. Mentre ero in fila per il controllo dei passaporti avevo chiacchierato con un gruppo di anziani missionari del Texas. Quando gli ho detto che ero qui per fare arrampicata erano rimasti di stucco. “Non pensavo che le persone venissero in Malawi per fare una cosa del genere”, mi aveva detto uno di loro. E in effetti il Malawi non è, o non ancora, un posto dove si va ad arrampicarsi. La maggior parte dei turisti viene per i safari tra i baobab del parco nazionale del Liwonde o per prendere il sole sulle spiagge del lago Malawi, che si estende per due terzi della lunghezza del paese. Ma il Malawi è anche ricco di rocce. Questo piccolo paese dalla forma simile a un boomerang è costellato di vette di granito alte migliaia di metri. Ci sono pareti ripide color arancione e molte aree per arrampicate con blocchi di roccia grandi come una casa. Tutti elementi che un giorno potrebbero attirare altri scalatori come me e Matt.

La Climb Malawi è una delle tante associazioni di arrampicata in giro per il mondo che sfruttano alcune delle risorse naturali dei loro paesi, come massi o pareti di roccia, per diffondere il turismo d’avventura. Tra gli esempi più di successo di luoghi che attirano i turisti per fare arrampicata ci sono il villaggio catalano di Siurana in Spagna, la baia di Ha Long in Vietnam e la gola del Red river in Kentucky, negli Stati Uniti. James Maples, professore associato di sociologia alla Eastern Kentucky university, in uno studio del 2021 dedicato all’impatto economico di questo sport ha scoperto che in un’area vicino ai canyon della Red river gorge, in Kentucky, ci sono stati più di centomila visite di scalatori ogni anno, che hanno speso 8,7 milioni di dollari all’anno.

Questa tendenza ha riguardato anche l’Africa. Rocklands, un’area di massi da arrampicata in Sudafrica, ha attirato quasi 2.500 scalatori nel 2017, rispetto ai seicento del 2011. Un altro esempio significativo è Kalymnos, una piccola isola greca del mar Egeo, vicino alla Turchia. Dal 1995 sono stati aperti più di 3.400 percorsi sulla roccia, dove spesso sono fissati dei chiodi a espansione per permettere agli scalatori di agganciarci le corde. La possibilità di arrampicare ha fatto aumentare i visitatori dell’isola e di conseguenza si sono moltiplicati anche gli alberghi, i ristoranti e le agenzie che mettono a disposizione le guide.

Buchi con il trapano

Ed Nhlane, scalatore e componente del consiglio direttivo della Climb Malawi, ritiene che l’arrampicata possa avere lo stesso effetto per il suo paese. “Qui c’è un potenziale enorme per praticarla all’aperto”, mi ha spiegato la sera dopo la nostra prima giornata di scalate, durante la cena al Mulanje golf club, che ospita una parete da arrampicata al chiuso costruita di recente.

Nhlane ha cominciato ad arrampicare nel 2018 su un pannello di compensato dipinto di verde di otto metri per dieci, che si trovava nel cortile di Tyler Algeo, un espatriato canadese, fondatore della Climb Malawi. All’epoca Nhlane gestiva una sua società di guide escursionistiche, ma poi si è fatto conquistare dall’arrampicata. Da allora è diventato una forza trainante per la creazione di nuove vie in Malawi. Usa un trapano elettrico Bosch da 36 volt per fissare i chiodi a espansione in acciaio inossidabile che permettono agli scalatori di evitare gravi cadute. Senza quei chiodi forse qui non verrebbe nessuno.

È difficile avere un’idea precisa, ma secondo una guida pubblicata nel 2020 esistono circa venticinque vie sulle tante pareti di granito del Mulanje. La loro lunghezza varia dai cento metri ai due chilometri, quella della più lunga arrampi­cata tecnica su roccia in Africa, creata nel 1978.

Quando durante il viaggio di un’ora in furgone da Blantyre ho visto queste pareti che s’innalzavano sopra i campi di tè verde mi ha stupito che ci fossero così poche vie. Dovrebbero essercene migliaia, ho pensato.

“Venire qui è come arrivare negli anni cinquanta nel parco nazionale californiano di Yosemite: c’è tantissima roccia, un potenziale enorme e una parete come il picco Chambe, che con quella qualità di roccia è una rarità. È una miniera d’oro”, mi ha detto James Garrett, uno scalatore di 71 anni di Salt Lake City, negli Stati Uniti, che scala da cinquant’anni e ha fatto anche le pareti del Mulanje.

Se le sue pareti rocciose hanno attirato me e Matt in Malawi, il massiccio offre molto altro anche ai viaggiatori che non praticano questo sport. Questo insieme di montagne è un inselberg, ovvero una vetta solitaria che si erge dalle pianure circostanti: in tedesco la parola significa letteralmente “monte isola”.

Sapitwa, la più alta delle sessantadue cime del massiccio, raggiunge i tremila metri. Le montagne si innalzano così bruscamente che il Mulanje ha un suo sistema meteorologico. Nelle mattine nebbiose tutta la massa della giungla sembra galleggiare.

Il momento culminante della giornata è stato capire come muoversi all’interno di Makona, una breve via a strapiombo

Come le Galápagos o i tepui (un tipo di montagna piatta) del Venezuela, il Mulanje ospita una grande varietà di specie endemiche, dal cedro, a rischio d’estinzione, alla falena tigre. Tra i vari altopiani si snodano i sentieri escursionistici. Ci sono anche una decina di rifugi in cui è possibile dormire e cucinare, ognuno dei quali è gestito da un accogliente padrone di casa, l’hut master, il padrone del rifugio.

Matt e io siamo arrivati in Malawi dagli Stati Uniti con duecento chili d’attrezzatura: trapani, bulloni, martelli, corde, moschettoni, bloccanti e imbracature, nella speranza di aprire una nuova via. Abbiamo stabilito il nostro campo base all’Hiker’s nest, una piccola pensione nel villaggio di Likhubula, vicino all’ingresso della riserva del massiccio del Mulanje.

Una camera con due letti a castello a due piazze e bagno privato ci è costata 35.500 kwacha malawiani, circa trentadue euro a notte. Con cinquemila kwacha (quattro euro) in più a pasto abbiamo mangiato in abbondanza: omelette con uova fresche per colazione e per cena pollo al curry con nsima, un piatto malawiano a base di mais simile alla polenta.

Luce del giorno

Per aiutarci a trasportare l’attrezzatura sui pendii di avvicinamento alla montagna abbiamo pagato due guide escursionistiche locali, Witness Stima e George Pakha, ognuna 15.000 kwacha (tredici euro) al giorno. Stima ha trentadue anni ed è cresciuto a Likhubula, dove vive con la moglie e il figlio di cinque anni. Ha cominciato ad accompagnare gli escursionisti sul Mulanje nel 2008 e ha raggiunto la cima del Sapitwa più di cento volte. In questo arco di tempo ha fatto da guida a circa duecento escursionisti, ma solo a una ventina di scalatori, tutti negli ultimi anni.

Abbiamo dovuto cominciare la nostra escursione prima che il sole sorgesse perché, come spiega un rapporto della Banca mondiale, nel 2020 solo il 15 per cento della popolazione del paese aveva accesso all’elettricità, quindi è essenziale sfruttare al massimo la luce del giorno.

Ruth Kalonda, proprietaria dell’Hiker’s nest, ci ha accompagnato tra l’oscurità e la nebbia, e ci ha lasciato al Vicky’s seed shop, da dove ci siamo mossi a piedi attraverso villaggi di capanne di mattoni e campi di mais terrazzati sulle colline. Un’ora dopo siamo arrivati alla base della parete. Ogni giorno abbiamo scalato la pietra grigia e nera fino al punto più alto raggiunto il giorno precedente. Poi avanzavamo e perforavamo la parete ogni tre o quattro metri per inserire un bullone di protezione.

Il granito del Chambe è fantastico: ha pochi appigli a cui aggrapparsi, ma un’eccellente consistenza, che consente la cosiddetta scalata per attrito. Di tanto in tanto c’erano anche delle piante su cui appoggiarsi. Da lontano le falesie del Mulanje sembrano coperte da spessi strati di muschio, ma da vicino quella macchia verde si riduce a dei piccoli ciuffi discreti, ognuno dei quali è un cespuglio di vellozia. Visto che i servizi per l’arrampicata sono ancora agli albori, bisogna essere autosufficienti. Chi ha le competenze e l’attrezzatura necessaria può fare una vacanza soddisfacente, ma non ci sono ancora guide specializzate per scalatori inesperti.

Nhlane spera di poter rimediare presto. “Il piano prevede di cominciare con le guide alpine” come Stima e Pakha, “che conoscono le montagne come le loro tasche”, mi ha spiegato Nhlane. “Li inviteremo alla parete di arrampicata del Mulanje golf club e li formeremo, coordinandoci con la Climb Malawi. Per Stima è una possibilità allettante, in parte per il desiderio di imparare meglio questo sport e poter scalare lui stesso il Chambe, in parte per esigenze più pratiche. “La scalata è un’ottima fonte di guadagno e questo mi permette di mantenere la mia famiglia”, ha detto, spiegando che sta pagando gli studi della sorella minore. Alla fine del nostro soggiorno a Likhubula abbiamo aperto una nuova via di 1.600 metri. L’abbiamo ribattezzata “Witness and George” e sarà una buona salita di difficoltà media per i futuri visitatori.

Aiutare chi non può pagare

Poi ci siamo diretti a nord, verso la capitale Lilongwe, nella regione centrale, una delle tre regioni amministrative del Malawi. Abbiamo guidato lungo strade asfaltate, facendo una sosta di due giorni per un safari nel parco nazionale di Liwonde, alloggiando nei dormitori del Liwonde safari camp. Durante un safari in barca abbiamo visto un gruppo di elefanti che beveva e si copriva di fango nel fiume Shire; decine di esuberanti facoceri che sfrecciavano tra alberi di fico, castagni africani ed eucalipti blu; ma anche più antilopi di quante ne possa ricordare, oltre a centinaia di timidi ippopotami immersi quasi per intero nell’acqua, tranne i loro occhi periscopici.

Una volta arrivati a Lilongwe, Matt e io ci siamo diretti al Climb centre, una palestra di arrampicata all’aperto gestita da Climb Malawi. È qui che si trova il cuore pulsante dell’arrampicata su roccia del paese. Gli scalatori alle prime armi, che non possono ancora partecipare alle escursioni guidate al Mulanje, sono i benvenuti. La scena che ci si è presentata davanti era simile a quella di una qualsiasi palestra di arrampicata di New York, Chicago o Los Angeles: un gruppo di ragazze e ragazzi che si cimentava in difficili arrampicate spacca-tendini, mentre da un altoparlante risuonava la musica di Kendrick Lamar. La Climb Malawi, che si ispira alla Memphis rox, una palestra di arrampicata noprofit del Tennessee, fa arrampicare anche chi non ha i soldi per pagare, ma suggerisce un’offerta di quattromila kwacha (circa quattro euro) al giorno. “Le offerte sono importanti”, ci ha detto Clive Luwanja, ventun anni, che ho incontrato in palestra. È uno dei candidati a diventare il più forte scalatore del Malawi. “Puntiamo molto sulle offerte perché altrimenti tante persone da queste parti non potrebbero pagare”. La Climb Malawi organizza escursioni sulle falesie e nelle aree di arrampicata vicine, e sta sperimentando la possibilità di coinvolgere scalatori più bravi, come Matt e me. Ho partecipato a due di queste escursioni, prima in una falesia chiamata Nathenje e poi in un’area d’arrampicata chiamata Nkhoma.

Questo modello è il “programma pilota per quello che vogliamo fare in tutto il Malawi”, mi ha detto Nhlane. “Abbiamo un autobus, un autista, e conosciamo le zone”. Per l’escursione a Nkhoma ho incontrato Ernest Kadwa, uno dei responsabili della Climb Malawi, alle 6.30 del mattino davanti ai cancelli della struttura. Kadwa, venticinque anni, lavorava come guardiano a casa di Tyler Algeo. Quando quattro anni fa Algeo gli ha fatto scoprire l’arrampicata, questo sport è diventato la sua vita. “Ormai non posso stare due giorni senza scalare”. Siamo saliti su un pullmino Mazda bianco da undici posti con il logo Climb Malawi sulla portiera. E abbiamo percorso le strade piene di buche di Lilongwe per andare a prendere le altre persone: Luwanja, Shalom Maholo, Mphasto Kazembe, Moses Kalirani ed Emmanuel Jekete, tutti tra i diciotto e i vent’anni.

Importare le attrezzature

Dopo aver parcheggiato davanti a una chiesa abbiamo camminato per venti minuti fino ai margini di un’area piena di pareti rocciose. Insieme al resto del gruppo abbiamo trascorso una mattinata a scalare una parte delle decine di bouldering problem, il termine con cui sono indicate queste brevi arrampicate senza corde. I tappetini da scalata attutivano le nostre cadute.

Il momento culminante della giornata è stato capire come muoversi all’interno di Makona, una breve via a strapiombo, che deve obbligatoriamente essere percorsa facendo movimenti ampi e dinamici. Luwanja ha brillato per potenza, ma solo Kazembe è riuscito a raggiungere la cima. Era raggiante per il risultato. “Mi piace arrampicare sia all’aperto sia all’interno”, ci ha detto Luwanja. “Amo l’atmosfera che si crea, il variare delle condizioni meteo e sentire la roccia sotto le dita”.

La crescita dell’arrampicata in Malawi deve fare i conti con molti ostacoli. Importare le attrezzature ha prezzi molto alti e per questo la Climb Malawi si affida alle donazioni. Nhlane è tra i pochi scalatori che ancora aprono delle vie. E questo fa sì che tutte le rocce non si trasformino subito in scalate accessibili ad altri appassionati. Ma grazie al sostegno di una comunità motivata e della Global climbing initiative, il lavoro va avanti. Il prossimo grande progetto di Ed Nhlane e della Climb Malawi è attrezzare una falesia di 260 metri chiamata Mulundi.

“Non avevamo mai sentito parlare di Mulundi finché non siamo passati di lì e abbiamo visto questa roccia incredibile”, ci ha detto Nhlane. “Sono queste le gemme nascoste, dove si trovano le cose più sorprendenti. Luoghi come capo Maclear sul lago Malawi, dove si può fare immersione, o il Mulanje per le escursioni sono fantastici”, ha aggiunto. “Ma abbiamo molto di più da offrire”. ◆ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1493 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati