Un avvocato di centrodestra che si candida con le liste civiche. Un docente, da sempre vicino al Partito democratico (Pd) che viene sostenuto da Forza Italia (Fi) e Lega. E uno scrittore che, da civico di estrema sinistra ha adesso l’appoggio del Pd. Catanzaro arriva al voto così: spaesata e confusa. E spaesato rischia di essere anche chi la visita per la prima volta, fin dall’ingresso in città, quando deve orientarsi tra i continui incroci di cavalcavia e viadotti, o nel dedalo di stradine di un centro storico ormai per larghi tratti abbandonato, a vantaggio del quartiere marinaro.

Il 12 giugno il capoluogo di regione calabrese torna al voto per scegliere il successore di Sergio Abramo, per anni in Forza Italia e ora trasmigrato in Coraggio Italia, la formazione del governatore ligure Giovanni Toti. Abramo è stato ininterrottamente sindaco dal 1997 al 2005, poi ha tentato senza successo di diventare presidente della regione e, dopo cinque anni in consiglio regionale, è stato rieletto primo cittadino per due volte a partire dal 2012. In tutto 18 anni da sindaco. È stato capace di sconfiggere generazioni di candidati di centrosinistra.

Anche quando, nel 2007, la candidatura del giovane Salvatore Scalzo, sostenuto da tutto il fronte progressista, aveva galvanizzato un’enorme fetta di elettori. Ma poi Scalzo ha perso per un centinaio di voti, lasciando la città nuovamente ad Abramo e, con ciò, di fatto la politica. Ora, però, l’era Abramo sembra essere veramente arrivata ai titoli di coda. Forse anche per questo Catanzaro è confusa, timorosa per quello che sarà il futuro dopo una stagione politica così lunga. Ma non c’è solo questo.

Villa Margherita, Catanzaro, 1 maggio 2022.
(Fabio Itri)

Gli ultimi anni hanno infatti segnato dei cambiamenti radicali per il capoluogo di regione, sebbene non quelli sperati. La città vive un grande esodo giovanile, nonostante sia dotata di alcune tra le facoltà universitarie più scelte in Italia: economia, medicina e giurisprudenza.

A ridosso delle festività pasquali Lamezia Terme, dov’è l’aeroporto di riferimento di Catanzaro, è stata tra le destinazioni più ricercate per le vacanze, secondo il motore di ricerca francese Jetcost. Probabilmente non per l’arrivo di turisti, ma per il rientro dei tantissimi fuori sede che dalla Calabria si sono trasferiti altrove, per lavoro o per studio.

Francesco Cuteri, archeologo e insegnante presso l’Accademia di belle arti di Catanzaro, lo dice chiaramente: “Purtroppo non solo i giovani vanno via da tutto il meridione. Stiamo assistendo allo spostamento di interi nuclei familiari. Un vero e proprio spopolamento”. Colpa anche della scarsa difesa che la politica ha fatto del capoluogo, che ha perso la sede di alcuni importanti enti con il depauperamento della classe impiegatizia. Su tutte, la soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio spostata a Crotone, mentre la sede dell’agenzia delle dogane si trova a Gioia Tauro.

Una comunità disgregata

Mario Mauro è presidente dell’associazione guide turistiche della Calabria e da sempre studia il territorio e le sue evoluzioni. “Fino agli anni ottanta”, dice all’Essenziale, “Catanzaro aveva 100mila abitanti, oggi siamo 86mila: una diaspora di giovani, in cui i genitori hanno seguito i figli”. Chi invece è tornata è Sarah Procopio, ricercatrice di nemmeno trent’anni, che fa parte della rete Voto sano da lontano. Ha studiato prima a Bologna e poi a Parigi, ora è di nuovo nella sua Catanzaro che, dice, “è una città lontana dai giovani, in cui manca il dialogo intergenerazionale e in cui le donne non partecipano alla comunità”.

Ed è proprio la comunità disgregata la prima emergenza che viene unanimemente riconosciuta. Catanzaro è spesso descritta come una città poco funzionale, in cui i 43 quartieri fanno vita a sé stante, come fossero dei piccoli paesi autonomi. “A volte un quartiere disprezza l’altro”, dice Cuteri.

Così, difficilmente qualcuno si sposterebbe da Santa Maria verso Siano, da Sala a viale Isonzo o, ancora, dall’Aranceto a Giovino: “Ogni quartiere è un feudo politico”, sostiene amaramente Procopio. Ma, soprattutto, ogni quartiere si muove in maniera totalmente sganciata da quella dimensione cittadina che un capoluogo di regione dovrebbe avere.

E poi c’è il centro storico, costruito sul crinale di tre colli. Suggestivo, con le sue vie piene di storia, con la ricchezza della Catanzaro sotterranea che è possibile visitare attraversando i suoi cunicoli, è che però è in gran parte un quartiere ormai abbandonato. Su corso Mazzini, ma non solo, sono decine le saracinesche abbassate. E sono ancor di più le persiane chiuse ermeticamente e i portoni sbarrati.

Non accade solo per la crisi economica che, spesso, viene sbrigativamente indicata come causa. Il centro continua a vivere, anzi a sopravvivere, quasi esclusivamente per la presenza degli uffici. Anche la regione Calabria se n’è andata, spostando la propria sede da palazzo Alemanni alla cittadella regionale, nel quartiere Germaneto. Ma la maggior parte delle sedi istituzionali si trova ancora lì. Il che fa di Catanzaro una capitale burocratica, ma, di fatto, spogliata di un’anima.

“In questi anni è stato spento lo slancio del corpo sociale della città, la rabbia c’è ma da sola non produce alcun cambiamento”, afferma Marcello Barillà. Intellettuale e musicista, dalla sua Reggio Calabria da circa trent’anni ha scelto di spostarsi a vivere a Catanzaro, città attanagliata da una costante emergenza idrica. Quasi ogni sera, in ogni stagione e spesso senza darne comunicazione, intere aree restano senz’acqua corrente.

Per la Sorical, l’azienda che si occupa della gestione idrica, tutto ciò è frutto di sprechi e furti d’acqua. Ma i guasti che richiedono continui interventi sembrano raccontare anche un’altra storia, quella di una rete idrica vecchia e malandata. “Viviamo in una costante assenza di normalità”, dice Sarah Procopio, “in cui ogni disservizio dev’essere risolto con una soluzione privata: se non c’è acqua tocca al cittadino munirsi di autoclave, e chi non può si arrangia”.

L’emergenza territoriale è legata a quella sociale. “I servizi sociali sono inesistenti, durante il lockdown un aiuto prezioso è giunto dai volontari”, spiega Barillà. Ancor più drammatica è la visione di Procopio: “Mi spaventa il pensiero di diventare mamma qui, perché non ci sono asili funzionanti”.

Tutti

Isolina Mantelli si occupa proprio di questo, essendo la presidente del Centro calabrese di solidarietà. “Non si ha idea di quali siano i reali bisogni del sociale”, dice, “se prima non si provvede a una mappatura, ogni intervento rischia di essere inutile”. Mantelli chiede da tempo la costituzione di una consulta permanente del terzo settore. Ma fin qui invano.

I due anni di pandemia, peraltro, hanno acuito ulteriormente le necessità. “Serve una struttura che connetta il territorio, che vada oltre le solite logiche”, aggiunge Mantelli che definisce Catanzaro “una città mortificata e senza speranza”, mentre Barillà parla di una “devastante anonimia” nel descrivere una città triste che trova gioia solo davanti al proprio mare.

A fronte dello spopolamento della parte alta della città, infatti, negli ultimi anni ha avuto uno straordinario sviluppo Catanzaro Lido, il quartiere marinaro, dove si trovano le principali attività imprenditoriali e di ristorazione, ma anche di aggregazione. Lì c’è anche la libreria gestita da Nunzio Belcaro, che organizza eventi e si pone come centro culturale. Durante il lockdown del 2020 la libreria ha visto aumentare le vendite, nonostante le chiusure, dato che Belcaro si è inventato rider, consegnando lui i libri a domicilio.

La cittadella della regione Calabria, Catanzaro, 1 maggio 2022.
(Fabio Itri)

Dice Barillà che, mentre tanti catanzaresi hanno scelto di spostarsi nella zona marittima, la città “ha perso il contatto con la cintura montana”. Inoltre, la crescita del litorale non è stata accompagnata da uno sviluppo turistico e ricettivo adeguato.

“C’è una carta che Catanzaro non si è ancora giocata, ed è quella del turismo”, osserva Cuteri. Ma per farlo, si deve ricostruire la comunità dei singoli quartieri e riscoprire la storia. Come, per esempio, quella cinquecentesca della lavorazione della seta, che poneva la città anche più avanti rispetto a centri come Firenze. Si tratta di una tradizione gloriosa ma dimenticata.

“Non esistono né un museo della seta né un centro studi sul tema”, riflette con tristezza Cuteri. E poi c’è la questione del porto e dei lavori cominciati negli anni cinquanta e mai terminati. “Non ci sono collegamenti adeguati con l’aeroporto né con la stazione ferroviaria: perché un turista dovrebbe scegliere questa città?”, si chiede Mauro.

La rivalità con Reggio

Catanzaro, insomma, sembra non governata. Eppure, la battaglia politica per la città non è mai decollata. Molte energie sono state spese per arrivare agli accordi in vista delle elezioni del 12 giugno, e poche sono state destinate a un ragionamento articolato, tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra. Alla fine, dai veti incrociati sono emersi in tre.

Antonello Talerico, avvocato assai noto in città, che corre da solo. Uomo di centrodestra, ha aspettato per giorni un endorsement da partiti come Forza Italia e Lega. Ma invano. Quelle forze hanno deciso di convergere su Valerio Donato, professore di diritto privato presso l’università Magna Graecia di Catanzaro, da sempre uomo di centrosinistra, che adesso sta provando a dare un connotato di candidato civico a una coalizione molto ampia, ma a chiara trazione conservatrice, leghista, secondo alcuni.

E infine c’è chi era civico: Nicola Fiorita, consigliere comunale uscente, che con il suo movimento Cambiavento si era già candidato da indipendente nel 2017, ottenendo un lusinghiero 23 per cento. Ora invece è l’uomo del Pd.

I catanzaresi guardano con una certa disillusione alla contesa. Il livello del dibattito di certo non ha fin qui contribuito a suscitare l’interesse dei cittadini. E su tutto aleggia lo spettro dell’astensionismo.

Uno dei candidati, il professor Donato, ha anche tirato fuori, nuovamente, la campanilistica disputa con Reggio Calabria per il capoluogo di regione. Si tratta di una ferita aperta da cinquant’anni, dai tempi dei moti di Reggio Calabria strumentalizzati dalla destra del “Boia chi molla”, che adesso torna a essere argomento elettorale.

Ascensore panoramico del parcheggio Bellavista, Catanzaro, 1 maggio 2022.
(Fabio Itri)

Quei mesi di scontri in riva allo Stretto portarono l’assegnazione del capoluogo a Catanzaro, mentre a Reggio rimase la sede del consiglio regionale. “Giunta e consiglio regionale devono essere riuniti presso la stessa sede, quella naturale, ossia Catanzaro”, ha detto Donato. Ma sarebbe solo un sasso nello stagno. Ne è convinto Fabio Cuzzola, scrittore e studioso di quegli anni, che, a proposito delle affermazioni di Donato, con l’Essenziale parla di “una polemica speciosa, superata dalla storia. Per Catanzaro questo tema è sempre una provocazione, per i reggini è invece un tema da nostalgici”.

Un tema datato del quale si torna a discutere regolarmente è anche quello della metropolitana di superficie. D’altra parte, lo stato del trasporto pubblico per molti è una delle cause che hanno portato alla frammentazione che affligge il territorio. “Ma la metropolitana non basta”, dice Francesco Cuteri. E spiega: “Per rispondere a questa emergenza sociale bisogna investire sulla cultura, dare motivi per spostarsi da un quartiere all’altro”. In caso contrario, la metropolitana leggera, quando sarà terminata, rischia di restare vuota in modo desolante, come è già oggi parco Romani, niente più di uno scheletro all’imbocco della strada che porta al centro storico.

Doveva essere un polo commerciale, invece è finito al centro di un’inchiesta e di un processo. Politici e imprenditori hanno incassato sentenze definitive di assoluzione, ma il complesso è rimasto incompiuto. Oggi i privati non hanno più voglia di investire e il comune non ha più fondi da impiegare.

Così il quartiere Sala, porta d’ingresso al centro della città, risulta intrappolato tra quattro strutture abbandonate: non solo parco Romani, ma anche la stazione ferroviaria abbandonata, l’ex gasometro e il parco della Fiumarella. La città pare insomma consegnata a un destino ineluttabile che i catanzaresi sembrano aver accettato, insieme agli scandali scoperchiati negli anni dal procuratore della repubblica Nicola Gratteri.

Una delle ultime inchieste ha coinvolto uomini della ’ndrangheta, ma anche imprenditori e funzionari dell’Anas per un presunto cartello che avrebbe usato materiale scadente per la manutenzione stradale. “Qui casca tutto”, dicevano gli indagati intercettati, parlando tra l’altro anche del ponte Morandi, principale strada di accesso al centro di Catanzaro. Il più in vista, nelle foto panoramiche, tra quei viadotti che si intersecano e che confondono chi giunge in città per la prima volta.

Da sapere
Così andò nel 2017

Nel 2017 Sergio Abramo ha vinto le elezioni comunali diventando sindaco di Catanzaro per la quarta volta. L’esponente del centrodestra era già stato sindaco nel 1997 e nel 2001, ed era uscente, essendo stato già eletto nel 2012. Nel 2017, Abramo ha vinto al secondo turno di ballottaggio con il 64,39 per cento delle preferenze, contro il candidato del Partito democratico,Vincenzo Ciconte, che si è fermato al 35,61. Al primo turno Abramo aveva ottenuto il 39,72 per cento, mentre Ciconte il 31,04. Alla contesa partecipavano anche il candidato civico di centrosinistra, Nicola Fiorita, che aveva ottenuto il 23,22. Mentre Bianca Laura Granato del Movimento 5 stelle aveva ottenuto il 6 per cento delle preferenze.


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