A quasi ottant’anni dalla sua pubblicazione, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, il libro che il filologo romanzo Erich Auerbach scrisse a Istanbul dove si era rifugiato in fuga dal nazismo, resta una delle opere più importanti che trattano di letteratura, anche se molti dei concetti a cui ricorre (la letteratura occidentale, per esempio) sono entrati nel frattempo in crisi. L’autore si misurava con il tentativo di capire com’era stata rappresentata la realtà, dalla Genesi fino a Virginia Woolf.

Questa nuova raccolta di saggi, in parte inediti in Italia, mostra come fu possibile e quali conseguenze ebbe quel grande progetto, e al tempo stesso fa capire le ragioni della sua fragile attualità. Il filologo era partito dalla filosofia di Giambattista Vico, dalla sua convinzione di poter comprendere la natura umana solo attraverso lo studio delle sue manifestazioni storiche e dalla fiducia che queste manifestazioni formassero un insieme di cui occorreva capire il senso.

Auerbach era anche persuaso che la sua epoca, la metà del novecento, fosse il momento ideale per raggiungere questa comprensione, grazie allo sviluppo delle conoscenze storiche sui millenni precedenti e alla permanenza di una pluralità di forme dell’esperienza umana, pluralità destinata, secondo lui, a scomparire, e invece preziosissima per capire l’uomo nel suo stare in società. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1460 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati