09 aprile 2021 10:05

“Dobbiamo essere una Commissione geopolitica”. Sono parole pronunciate nel 2019 da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, al momento del suo insediamento.

Evidentemente le potenze più aggressive d’Europa, la Russia di Vladimir Putin e la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, non sono rimaste molto impressionate da questo discorso. Colpo su colpo, a Mosca e Ankara, i principali leader della Commissione hanno subìto gli effetti dei rapporti di forze.

A febbraio, nella capitale russa, l’alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell è caduto in una trappola tesa dalla diplomazia russa, uscendone umiliato. Il 6 aprile, ad Ankara, una vicenda relativa al protocollo ha suscitato grandi polemiche quando la presidente della Commissione si è ritrovata relegata in disparte mentre il suo collega, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, troneggiava al fianco di Erdoğan.

Rapporti di forza
Sulla questione è stato detto tutto, a cominciare dall’insufficienza del protocollo europeo nella preparazione della visita. Michel si è spiegato e si è scusato per l’incidente, dal quale non esce certo ingigantito.

“Il protocollo è uno sport di combattimento”, ha sottolineato un diplomatico. La storia, d’altronde, è piena di aneddoti sull’uso politico di questo elemento che fa parte dei rapporti di forza, a cominciare dall’impero ottomano, in cui il visir faceva sedere i visitatori stranieri su uno sgabello più basso rispetto alla sua sedia.

È evidente che sia necessario ancora molto lavoro per professionalizzare la diplomazia europea

Il fatto che la scena sia stata filmata e diffusa sui social network le conferisce un peso superiore alla sua portata reale. Ma nei rapporti internazionali i simboli hanno la loro importanza, e quello di Ankara è particolarmente infelice, dal punto di vista dell’uguaglianza tra uomo e donna e da quello del rispetto dell’Europa.

Il danno ormai è fatto. Ma quali sono le lezioni che possiamo trarre? Prima di tutto è evidente che è necessario ancora molto lavoro per professionalizzare la diplomazia europea, che resta un’invenzione recente mentre quelle delle vecchie nazioni possono contare su un’esperienza secolare. In Francia le regole protocollari risalgono addirittura al 1585.

Quanto agli insegnamenti politici, abbiamo avuto un nuovo esempio della metafora che descrive l’Europa come “vegetariana” in un mondo “carnivoro”. La Russia, come la Turchia e anche la Cina di Xi Jinping, sono chiaramente paesi “carnivori”.

L’Europa non deve seguire l’esempio di queste nazioni, ma farebbe meglio a imparare come trattarle e come farsi rispettare. Per riuscirci servirebbe un po’ più di coerenza tra gli stati sui grandi temi, laddove la politica dell’Unione è spesso il minimo denominatore comune.

Ciò che vale per gli stati autoritari, adepti dei rapporti di forza, vale anche per una potenza alleata come gli Stati Uniti, anche se guidata da un presidente più amichevole come Joe Biden. L’apprendistato dell’autonomia strategica si fa nel dolore, come dimostrano i casi di Mosca e Ankara. L’Europa, si sa, progredisce nelle crisi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it